Credit: Leo Michels - Source: http://www.imagines-plantarum.de/
I laboratori dell'università di Stavanger, in Norvegia, ospitano una paziente molto particolare: si chiama
Arabidopsis thaliana ed è una piantina, diffusa in tutti i continenti, che potrebbe aiutare gli scienziati a scoprire perché i malati di Parkinson sono soggetti ad una graduale perdita di cellule nervose. E' la prima volta che una pianta viene usata per analizzare i meccanismi che si nascondono dietro malattie neurovegetative come il Parkinson. Il motivo? Le piante hanno molte proteine in comune con gli umani, come sottolinea Simon G. Møller, responsabile del Centro di Ricerca sugli Organelli (CORE).
L'ospedale dell'università di Stavanger è impegnato dal 1992 nello studio del Parkinson ed è un centro di ricerca all'avanguardia in Norvegia. Attualmente, la clinica conduce un grande progetto su 200 pazienti che saranno monitorati nei prossimi 12 anni.
La scelta di usare una pianta per studiare il Parkinson può sembrare singolare, ma è il frutto di una collaborazione, iniziata poco più di un anno fa, tra i medici e i ricercatori biomolecolari dell'università di Stavanger. Da allora il laboratorio dell'università ha cominciato a coltivare piante geneticamente modificate che hanno sviluppato il morbo di Parkinson a livello molecolare. L' Arabidopsis thaliana, chiamata anche “arabetta comune”, è una delle piante più usate nei laboratori di ricerca come organismo modello per il sequenziamento del genoma. Il suo corredo genetico, infatti, è il primo nel regno vegetale ad essere stato completato, nel 2000.
USDA-NRCS PLANTS Database / Britton, N.L., and A. Brown. 1913
Uno degli obiettivi principali dei ricercatori norvegesi è quello di individuare i fattori biologici che contribuiscono allo sviluppo della malattia e di scoprire il motivo per cui le cellule nervose muoiono. Gli scienziati puntano l'attenzione in particolare sulla proteina DJ-1, che sembra giocare un ruolo-chiave nel processo neurodegenerativo del Parkinson. Gli studi, infatti, indicano che una carenza di questa proteina incrementa la morte delle cellule nervose. “La morte delle cellule – spiega Jan Petter Larsen, direttore del Centro Nazionale Disordini Motori dell'università di Stavanger – è una tappa centrale nello sviluppo del morbo di Parkinson. Nei pazienti affetti da questa malattia, i mitocondri delle cellule nervose, ossia i piccoli organelli che si trovano in tutte le cellule del corpo e che producono energia, non funzionano come dovrebbero. Le proteine si depositano quindi sulle cellule nervose e ne provocano la morte”. La mutazione della proteina DJ-1 non è l'unico responsabile di questo processo, ci sono circa 10 geni coinvolti nello sviluppo del morbo di Parkinson, ma la proteina DJ-1 è sicuramente uno dei fattori-chiave.
Il morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa che colpisce circa l'1% della popolazione sopra i 50 anni. Normalmente i primi sintomi iniziano dopo i 60 anni, ma ci sono casi in cui la malattia colpisce pazienti sotto i 30 anni d'età. Il morbo fu scoperto e documentato per la prima volta nel 1817 dallo scienziato britannico James Parkinson, mentre i mutamenti biochimici nel cervello dei pazienti affetti da Parkinson sono stati identificati negli anni '60 del secolo scorso.
Link consigliati:
University of Stavanger
Sick plant suffering for Parkinson patients
http://www.uis.no/research/article14991-51.html
Veronica Rocco