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Scoperto un nuovo meccanismo molecolare che è alla base dell'aggressività del carcinoma ovarico

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Scoperto un nuovo meccanismo molecolare che è alla base dell'aggressività del carcinoma ovarico: questo il risultato di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’IFOM (Istituto FIRC di Oncologia Molecolare) e del Programma di Medicina Molecolare dell’Istituto Europeo di Oncologia, guidato da Ugo Cavallaro, in collaborazione con l’Unità di Ginecologia Oncologica Medica diretta da Nicoletta Colombo. Lo studio, finanziato da AIRC, è stato pubblicato ieri sulla versione on line della rivista scientifica EMBO Molecular Medicine. “In questo lavoro descriviamo l'interazione tra la molecola NCAM e il recettore FGFR (recettore del fattore di crescita fibroblastico)”, spiega Cavallaro: “dall’osservazione in vitro e nei modelli animali abbiamo scoperto che l'espressione di NCAM nei tumori delle pazienti con carcinoma ovarico è direttamente collegata con il grado avanzato della malattia, dimostrando che quando questa molecola si lega al recettore FGFR le cellule tumorali diventano molto più invasive. Allo stesso modo, ‘spegnendo’ il gene che attiva NCAM nelle cellule di carcinoma ovarico, le loro proprietà maligne si riducono notevolmente.” Inoltre i ricercatori hanno osservato, nell’animale, che un anticorpo capace di bloccare l'interazione tra NCAM e FGFR impedisce la disseminazione metastatica del carcinoma ovarico agli organi peritoneali, evidenziando così la possibilità di importanti future applicazioni terapeutiche.  “Poiché il carcinoma ovarico è uno dei tumori più temibili proprio a causa della disseminazione al peritoneo,” commenta Nicoletta Colombo, “ ed è anche uno dei meno conosciuti dal punto di vista dei fattori molecolari coinvolti, questo lavoro rappresenta un prezioso contributo alle conoscenze scientifiche di base e allo stesso tempo apre nuove prospettive anche sul piano clinico.”  Il tumore dell’ovaio è la prima causa di morte fra quelli ginecologici in tutti i Paesi sviluppati, e in Italia colpisce oltre 4.000 donne ogni anno. Nel 70% dei casi si manifesta già in fase avanzata, perché è una malattia poco sintomatica. Inoltre la diagnosi precoce avviene in modo casuale poiché non esistono ad oggi test di screening efficaci. Per far fronte a questa situazione e per tenere sempre alta l’attenzione su questo problema femminile ancora in gran parte irrisolto, è nato nel 2008 allo IEO il primo Centro di Alta Specializzazione per il Tumore dell’Ovaio in Italia, diretto da Nicoletta Colombo. “Il Programma di Medicina Molecolare dell’Istituto Europeo di Oncologia” conclude Cavallaro, “si focalizza su diversi progetti di ricerca translazionale e sulla creazione di un’efficace interfaccia tra ricerca di base e attività clinica. L’obiettivo è aprire la strada a nuove strategie diagnostiche e terapeutiche personalizzate, cioè disegnate in base alla caratteristiche specifiche del singolo paziente, così da aumentarne l’efficacia e diminuirne gli effetti indesiderati.” 

Flash News


L’essere esclusi dagli altri o addirittura emarginati dalla società può essere un fattore di rischio per lo sviluppo del gioco d’azzardo patologico. Fra le categorie più a rischio anziani, disoccupati e stranieri. Secondo la tesi dei ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca, questo avviene perché l’isolamento porta a creare delle relazioni parasociali, cioè che simulano le relazioni fra esseri umani per compensare la mancanza di interazioni con le persone: queste relazioni parasociali possono svilupparsi anche con con oggetti inanimati quali le slot machine, cosa che diventa ancor più probabile nel caso vi si attribuiscano qualità umane, come la volontà di decidere gli esiti di gioco.

È su questi aspetti che si concentra la ricerca sperimentale condotta dal gruppo di ricerca dell’Università di Milano-Bicocca composto da Luca Pancani, Paolo Riva e Simona Sacchi, docenti presso il Dipartimento di Psicologia. L’articolo è stato pubblicato sulla rivista Journal of Gambling Studies con il titolo “Connecting with a Slot Machine: Social Exclusion and Anthropomorphization Increase Gambling” (DOI: 10.1007/s10899-018-9784-9).

Attraverso due studi sperimentali in laboratorio, i ricercatori hanno chiesto ad alcuni partecipanti di giocare con una slot machine on-line, indagando se l’esclusione sociale e l’antropomorfizzazione della slot machine potessero influenzare il numero di giocate in due campioni formati da persone che abitualmente non giocano. In breve è stato mostrato – per la prima volta tramite un’approccio sperimentale – come l’esclusione sociale possa essere considerata un fattore di rischio per lo sviluppo del gioco d’azzardo patologico.

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