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IPOTESI FORMULATA STUDIANDO I BUCHI NERI

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Né spazio né tempo. Gravità, spazio e tempo sarebbero solo un nostro modo di inquadrare fenomeni che si basano su processi fisici ben più profondi e complessi. Da due ricercatori una conclusione suggestiva quanto controversa.

Affascinanti e controversi nello stesso tempo, i buchi neri sono una continua ispirazione per i teorici. Come dimostrano le numerose ipotesi più o meno rivoluzionarie sulla loro evoluzione e sui processi fisici originati dalla loro presenza. L’ultima in ordine di tempo viene dai ricercatori Samuel Braunstein e Manas Patra, per i quali alcuni fenomeni che avvengono nelle vicinanze dei buchi neri possono essere spiegati senza tirare in gioco gravità e spazio-tempo.Ma andiamo con ordine: sappiamo che i buchi neri sono oggetti così compatti e massivi che nulla può sfuggire alla loro attrazione gravitazionale, neppure la luce. Il confine oltre il quale tutto viene inghiottito è detto orizzonte degli eventi. Secondo alcune teorie, tra le quali la più famosa è stata elaborata da Stephen Hawking, lungo questa linea di confine possono avvenire emissioni di particelle verso l’esterno. La spiegazione si basa sull’idea che il vuoto non sia mai veramente vuoto ma presenti a livello microscopico un continuo apparire di coppie di particelle e corrispondenti antiparticelle, che nel giro di pochi istanti si annichilano a vicenda. Il processo di comparsa e scomparsa  sarebbe così rapido da sfuggire a tutti gli attuali strumenti di misurazione. Secondo Hawking, se una coppia di particelle compare proprio sulla linea di confine di un buco nero, una delle due verrebbe a trovarsi dentro l’orizzonte degli eventi e sarebbe inesorabilmente attratta verso l’interno. L’altra particella verrebbe a trovarsi fuori dall’orizzonte, e senza più il legame che la univa alla sua compagna, sarebbe libera di viaggiare nello spazio. Risultato finale: l’orizzonte degli eventi di un buco nero sembra emettere particelle in apparenza comparse dal nulla.Questo processo è stato fin qui spiegato parlando di attrazione gravitazionale e facendo ricorso allo spazio e al tempo. Braunstein e Patra sono invece riiusciti a descrivere il fenomeno utilizzando una teoria informazionale basata sulla meccanica quantistica. In termini più semplici, gravità, spazio e tempo sarebbero solo un nostro modo di inquadrare fenomeni che in realtà si basano su processi fisici ben più profondi e complessi.Difficile dire quanto ci possa essere di concretamente reale e quanto di semplice curiosità teorica. La conclusione dei due ricercatori è comunque descritta in un articolo sul Physical Review Letters, accompagnata dalle doverose cautele che sempre devono esserci di fronte a ipotesi teoriche così fortemente speculative. 

Flash News

 

La prima pagina dell’abbecedario in lingua somala

 


A mio padre, Luigi Gallo, che nel ‘938 costruiva in Etiopia le strade dell’Impero.

 

Premessa: L’Espansione italiana nell’Africa Orientale ebbe inizio alla fine del 1800 con il primo dispiegamento di truppe presso i territori di Massaua (1885) per poi arrivare alla proclamazione della colonia “Eritrea” nel 1890, alla proclamazione della colonia “Somalia” nel 1908 ed infine alla proclamazione dell’Impero italiano, nel 1936, dove Somalia, Eritrea ed Etiopia costituivano l’Africa Orientale Italiana (AOI).Formalmente si fa concludere il colonialismo italiano in AOI con l’occupazione britannica, nel 1941, dei territori dell’Africa Orientale Italiana, seppur poi, dal 1948 al 1960, l’Italia fu incaricata dall’ONU dell’amministrazione fiduciaria della Somalia (AFIS) (BEN GHIAT & FULLER, 2005).

Dopo 50 anni di colonialismo “...L’eredità italiana in Somalia era costituita soprattutto da: una scuola primaria, una scuola secondaria, fino al liceo scientifico, una scuola per ragionieri e geometri, aperte indiscriminatamente a tutti, somali ed italiani, fino al giorno dell’indipendenza”(VILLANI,1972): con docenti e programmi del tutto comparabili a quelli del nostro Paese. Naturalmente si usava la lingua italiana per scolaresche, che si esprimevano abitualmente in somalo. Il primo abbecedario con l’alfabeto somalo venne “tirato al ciclostile” nell’agosto‘972 nella stamperia dell’Università Nazionale Somala) (foto n.1: la 1° pagina). Il 21/10 in occasione del “terzo anniversario della rivoluzione della Somalia” un elicottero buttava giù dal cielo i fogli dell’alfabeto su una folla che si accalcava e si rincorreva per prenderli. Così moriva una lingua orale, conservata da sempre nella mente degli anziani: come l’unica biblioteca che i somali possedessero; il solo strumento conoscitivo della loro storia, che veniva raccontata dai cantastorie come “vanto della tribù” nelle cerimonie e insegnata ai bambini con la propria genealogia, fin dai primi anni, dai patriarchi.

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