Veronico Rocco
Edizione Maggio 2007
Questa imponente opera di ingegneria idraulica trasforma in realtà un sogno che i Cinesi hanno a lungo accarezzato. Già agli inizi del secolo scorso, Sun Yat-Sen, uno dei padri fondatori della Cina moderna, avvertì la necessità di “domare” le acque color giada chiaro, limpide e vorticose del “lungo fiume”, per cercare di controllarne le frequenti e temibili inondazioni e trasformarlo in una preziosa fonte di energia. Il Piano per lo Sviluppo Industriale presentato da Sun Yat-Sen nel 1919 è il primo di una lunga serie di progetti. Ben presto si moltiplicano le ricerche volte a individuare il punto esatto in cui costruire una grande diga sul fiume.
Tutto, però, resta lettera morta fino a quando, nel 1954, 23 anni dopo la terribile inondazione in cui persero la vita 145.000 persone, lo Yangtze colpisce ancora provocando 33.000 vittime. Il tragico evento spinge il governo cinese a prendere nuovamente in considerazione il progetto della “grande diga”, per la quale viene scelto un punto del fiume che dista 1.900 Km dalla foce.
Oggi il Fiume Azzurro rappresenta la spina dorsale dell’economia cinese. Una spina dorsale fatta di ferro e cemento, intorno alla quale si raccoglie il 12% dell’umanità. E non solo: centrali elettriche, fabbriche a carbone, villaggi di fango inghiottiti dal lavoro incessante di ruspe ed escavatrici.
Sullo sfondo, le acque torbide e irrequiete del “lungo fiume”, enorme cloaca che ingurgita ogni giorno tonnellate di rifiuti e di scarichi industriali. Il 14 Dicembre 1993 iniziano ufficialmente i lavori di costruzione della diga dello Yangtze, che si concluderanno il 20 Maggio 2006, con 10 mesi di anticipo rispetto al previsto e 13 anni di polemiche mai sopite. Immensa muraglia di cemento armato lunga 2 Km e alta 181 metri, è la diga più grande del mondo per ampiezza e potenza e una delle poche costruzioni dell’uomo visibili anche dallo spazio. Protesa tra le 3 grandi gole del fiume - Qutang, Wu e Xilig [2] viene progettata inizialmente per contrastare la crescita dell’inquinamento dovuto alla proliferazione di industrie e alla massiccia antropizzazione del territorio, per prevenire le periodiche inondazioni del fiume e per potenziare la navigazione interna del Paese, creando un’unica rete nazionale di trasporto [3].
Ma il vero obiettivo da raggiungere è un altro: la diga serve a produrre energia. Tanta energia, pari a quella generata da una ventina di piccole centrali nucleari, più precisamente 84,7 miliardi di kWh all’anno.
Benché si tratti di una esigua porzione del fabbisogno energetico dell’intera Cina, rappresenta comunque un passo significativo verso l’indipendenza energetica del Paese, e quindi verso la sua autonomia geopolitica. Quanto basta per convincere il governo di Pechino a sostenere e finanziare un progetto che, a tutt’oggi, è costato - secondo le stime ufficiali - 30 miliardi di dollari, anche se la cifra reale, secondo i meglio informati, si aggira più verosimilmente intorno ai 70 miliardi di dollari.
Il prezzo da pagare per accelerare i tempi di modernizzazione di un Paese che guarda con ansia agli standard economici del Nord del mondo. O forse, più semplicemente, il simbolo di uno sviluppo incontrollato. A nulla, dunque, sono valse le proteste popolari divampate negli ultimi anni in tutto il Paese. E a nulla è valsa la petizione presentata nel 2000 da 53 ingegneri, che chiedevano il rallentamento dei lavori per consentire il reinsediamento di oltre 700.000 sfollati e un più attento monitoraggio dei cantieri [4].
Ma quali sono gli effetti – reali e potenziali - di questo moloch dai piedi d’argilla o, come osserva ironicamente il Financial Times, dalle “fondamenta di tofu”? Ogni anno transitano attraverso le Tre Gole 530 milioni di tonnellate di sabbia e rocce che rischiano di compromettere la funzionalità della diga. Per evitare potenziali ingorghi e far defluire più velocemente l’acqua occorre dunque mantenere basso il livello del bacino, a discapito però della produzione energetica e della navigazione, che, come abbiamo visto, sono due degli obiettivi primari del progetto [5].
Il bacino idrico, che si snoderà lungo 600 Km una volta completato il riempimento (previsto per il 2009), sommergerà 30.000 ettari di terreni coltivabili, ma potrà contenere solo il 10% della portata d’acqua dello Yangtze durante la stagione delle piogge, senza contare il fatto che a causare le frequenti inondazioni sono soprattutto gli affluenti del fiume a valle della diga. Secondo alcuni sismologi, inoltre, il peso e la portata dell’invaso potrebbe alterare gli equilibri geostatici della regione, provocando gravi terremoti.
La scossa di magnitudo 5.7 sulla scala Richter che colpì la regione dello Jiangxi nel novembre 2005 è stata interpretata come un pericoloso segnale della instabilità geostatica causata dal bacino artificiale della diga. Nell’area di riempimento, formata da roccia calcarea ricca di cavità argillose, sono stati individuati ben 214 punti a rischio di frane e valanghe. Benché le frane instabili siano distanti rispetto al sito della diga, l’eventuale impatto finirebbe comunque per travolgere gli insediamenti urbani situati a valle, proprio come accadde nel disastro del Vajont. Non dimentichiamo, inoltre, che il bacino artificiale della diga minaccia di sommergere preziose testimonianze del passato di cui è ricchissima questa regione. Secondo l’associazione Probe International, che da anni conduce una dura battaglia per salvaguardare il patrimonio storico-artistico della regione, ben 1.300 siti archeologici rischiano di venire inghiottiti dai lavori di riempimento del bacino.
Per salvare questi siti dalla distruzione è stato realizzato un programma molto ambizioso, che prevede il trasferimento e la ricostruzione, pezzo per pezzo, di alcuni dei più importanti tesori della Cina, fra cui il tempio di Zhang Fei, costruito 1.700 anni fa, l’antico villaggio di Dachang, la pietra di Baiheliang e la gigantesca statua del Buddha seduto, la più alta del mondo. Una minaccia alla biodiversità La Diga delle Tre Gole sorge sulla Grande Riserva, una delle aree più ricche di biodiversità dell’intero pianeta, che pur coprendo solo lo 0,6% del territorio cinese ospita oltre il 20% di tutte le piante produttrici di semi della Cina.
In questa area trovano il loro habitat naturale molte specie animali spesso rare o in via di estinzione, come il panda gigante (Ailuropoda melanoleuca, David 1869), la gru siberiana (Grus leucogeranus Pallas, 1773), la focena senza pinne e lo storione cinese detto anche il "panda d'acqua" (Acipenser dabryanus Duméril, 1869). Fino a poco tempo fa vi era anche il raro delfino dello Yangtze (Lipotes vexillifer Miller, 1918), la cui popolazione negli ultimi 20 anni si era ridotta da 400 a 13 esemplari per poi estinguersi completamente.
Come sottolinea il biologo cinese Jianguo Wu in un articolo comparso su Science [6] nel 2003, la presenza della Grande Diga rischia di compromettere irreversibilmente il delicato e prezioso equilibrio di questo territorio, minacciando la sopravvivenza di numerose specie animali. Benché la superficie ricoperta dalla diga costituisca solo il 2% dell’intera riserva, i rischi di frammentazione dell’ecosistema sono concreti e preoccupanti.
La Grande Riserva si estende su un territorio montuoso e collinare. Il bacino artificiale della diga, riempiendo la valle, provocherà una separazione dei rilievi montuosi che si trasformeranno in altrettante isole separate solo da sottili istmi di terra. Secondo alcune teorie ecologiche, la frammentazione degli habitat naturali rappresenta la principale minaccia alla diversità biologica poiché l’isolamento riduce il numero di specie che vivono in una determinata area.
Questa frammentazione forzata, dal punto di vista ecologico, è un esperimento non privo di rischi, se pensiamo che le piccole isole del lago Guri [7], formato da una diga costruita nel 1986, in 15 anni hanno visto scomparire il 75% delle specie biologiche che le abitavano.
Note:
[1] Lo Yangtze nasce ad ovest del massiccio Tanggula, sull’altopiano del Tibet, e sfocia nel Mare Orientale, sull’Oceano Pacifico, vicino a Shanghai. Ha una portata di 33.000 metri cubi d’acqua al secondo, riversa in mare 1.500 Km quadrati di acqua all’anno e trasporta annualmente 500 milioni di terreno alluvionale.
[2] In epoca remota, la regione attraversata dallo Yangtze era una vasta distesa d’acqua circondata da 2 catene di montagne. Circa 70 milioni di anni fa il corrugamento terrestre, noto come “movimento della crosta di Yan Sha”, spinse le due catene l’una contro l’altra, dando origine alle Tre Gole. La prima, Qutang Xia, è costituita da due muraglie di roccia scoscese che formano un’immensa porta soprannominata Porta Kui; la seconda, Wu Xia, si snoda per 44 Km e nella prima parte è possibile ammirare 12 magnifici picchi tra cui il “Picco della Dea”; infine, la terza gola, Xiling Xia, la più lunga di tutte, è particolarmente temuta dai naviganti per la presenza di numerosi scogli affioranti
[3] Attualmente, infatti, imbarcazioni fino a 10mila tonnellate possono transitare per migliaia di Km dalle coste del Pacifico fino a Chongqing, megalopoli di quasi 32 milioni di abitanti sulla riva settentrionale dello Yangtze
[4] IRN (International Rivers Network) http://www.irn.org/programs/threeg/index.php?id=archive/000508pr.html
[5] Dossier Legambiente: “Ambiente violato e diritti calpestati: le 10 grandi dighe più devastanti del mondo” http://www.legambiente.com/documenti/2006/0323_dighe/index.php
[6] Wu, J., et al. 2003. Three-Gorges Dam: Experiment in habitat fragmentation? Science 300(May 23):1239–1240. Una sintesi dell’articolo è disponibile sul sito: http://dx.doi.org/10.1126/science.1083312.
[7] La centrale idroelettrica “Simon Bolivar”, conosciuta anche come diga del Guri, è stata costruita sul fiume Caroni, in Venezuela, a 100 km dalla confluenza con l’Orinoco. Il lago artificiale che si è formato, con una superficie di quasi 4.000 Km quadrati, è il secondo lago del Venezuela dopo Maracaibo.
Veronica Rocco