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Barriere coralline e microbi

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Barriere coralline: nasce PhyloChip, un nuovo metodo per monitorare i microbi che causano le malattie del reef

Oggi gli scienziati hanno a disposizione un nuovo metodo per individuare e classificare i batteri che colpiscono la barriera corallina e ne causano il progressivo declino. Quando il corallo si ammala, le colonie di batteri, che normalmente popolano il reef, crescono sia in numero che in varietà. I coralli sani, infatti, sono colonizzati da un certo tipo di microbi, mentre quelli malati sono infestati da altre popolazioni microbiche.

Il nuovo sistema si chiama PhyloChip ed è stato messo a punto da un gruppo di scienziati del Lawrence Berkeley National Laboratory, in collaborazione con l’università della California, che lo hanno testato su campioni di corallo prelevati al largo delle coste di Puerto Rico.  Il dispositivo, che ha le dimensioni di una carta di credito, è un biochip, o DNA chip, ossia un vero e proprio laboratorio in miniatura con due compiti fondamentali: monitorare i cambiamenti che avvengono nella popolazione microbica della barriera e dare nuove informazioni sugli organismi patogeni che affliggono uno dei più preziosi habitat dell’oceano. “Il PhyloChip” – sostiene Shinichi Sunagawa, ricercatore presso l’università della California– “ci aiuta a identificare le diverse malattie del corallo in base alle colonie di microrganismi che lo popolano”.

Il PhiloChip è un circuito elettronico integrato capace di riconoscere fino a 9.000 specie di microbi analizzando campioni di materiale biologico come acqua, terra, sangue e tessuto. Il circuito, ricoperto di migliaia di minutissimi sensori, intercetta nel campione le tracce di DNA appartenenti alle più note specie di batteri e archeobatteri. In particolare, le sonde si legano ad un gene chiamato 16s rRNA, che è presente in tutte le forme di vita. Il phyloChip  - spiega Todd De Santis, che ha collaborato allo sviluppo di questa tecnologia – è un metodo rapido e poco costoso per condurre uno screening completo sulla popolazione batterica nei coralli sani e in quelli malati. I coralli al largo di Puerto Rico manifestano sintomi simili a quelli di un’altra specie colpita da un organismo patogeno chiamato Aurantimonas corallicida. Gli scienziati, però, non hanno trovato nessuna traccia di questo organismo patogeno nei campioni analizzati. Questo confermerebbe, secondo i ricercatori, che i microrganismi finora conosciuti sono solo una minima parte di quelli che affliggono le barriere coralline. Quello che non è ancora chiaro è se la proliferazione incontrollata di microbi sia la causa o l’effetto delle malattie dei coralli.

Perché è così importante studiare lo stato di salute dei coralli? La barriera corallina è uno degli ecosistemi più ricchi di biodiversità al mondo. Con una superficie di 400.000 Km quadrati, offre nutrimento e rifugio a migliaia di specie marine. Oggi, però, oltre il 60% di questo prezioso ecosistema rischia di scomparire dai nostri oceani. L’innalzamento della temperatura dell’acqua, le malattie di origine batterica, gli ultravioletti, la pesca illegale, gli agenti inquinanti, il turismo selvaggio sono solo alcune delle cause che minacciano la sopravvivenza del reef e dei suoi abitanti.
Secondo le previsioni di un gruppo di ricercatori australiani, la barriera rischierebbe di scomparire definitivamente entro il 2050.

Tra le malattie che colpiscono i coralli, quella più diffusa è la Sindrome Bianca: una depigmentazione causata dalla distruzione della zooxanthella, un’alga unicellulare che vive in simbiosi con il corallo e gli regala la caratteristica colorazione rossa. Lo sbiancamento, però, non è l’unico sintomo di malessere di questi preziosi abitanti dell’oceano. Alcuni giorni fa, infatti, l’agenzia stampa Reuters ha rivelato che la barriera corallina a sud-est di Taiwan sta diventando nera a causa di una malattia provocata dagli scarichi industriali della città. Il fenomeno - afferma Chen Chao-lun dell’Accademia Sinica di Taiwan – è molto più esteso di quello che si pensava finora. Colpisce soprattutto le specie che abitano fino ad una profondità di 5 metri e ad una distanza di 300 metri dalla costa. Basta fare snorkling per rendersi conto dell’entità del danno. Gli scienziati, che hanno dato l’allarme al governo di Taiwan, non sono ancora riusciti a trovare le cause di questa anomalia, ma secondo Chan l’inquinamento costiero giocherebbe un ruolo importante. Le isole dell’arcipelago, infatti, sono diventate meta di un turismo selvaggio che riempie le acque di spazzatura e saccheggia i coralli nell’indifferenza delle autorità locali.

Link consigliati:

Lawrence Berkeley National Laboratory, “What’s Killing Coral Reefs?” (02/02/2009)
http://newscenter.lbl.gov/feature-stories/2009/02/02/coral-reefs/

Ralph Jennings, “Taiwan coral reefs “turn black” with disease”, Reuters (06/02/2009)
http://www.reuters.com/article/environmentNews/idUSTRE5151HL20090206

Veronica Rocco, “Creme solari e barriere coralline”, Scienzeonline (20/05/2008)
http://www.scienzeonline.com/index.php?option=com_content&task=view&id=123&Itemid=40

Veronica Rocco

Flash News

WASP-12b is one of the darkest known exoplanets — as black as fresh asphalt. The exoplanet, which is twice the size of Jupiter, has the unique capability to trap at least 94 percent of the visible starlight falling into its atmosphere. The planet orbits so close to its host that it has fixed day and night sides. The day side hordes all the visible light because it always faces its star. A swirl of material from the planet’s super-heated atmosphere is spilling onto its star. Credit: NASA, ESA, and G. Bacon (STScI)

La planète WASP-12b absorbe la majorité de la lumière dans son atmosphère

Le télescope spatial Hubble de la NASA a observé une planète extrasolaire entièrement noire, qui absorbe la lumière plutôt que la réfléchir dans l’espace. Cette caractéristique inédite est attribuable à sa faculté unique d’absorber au moins 94 % de la lumière stellaire visible qui pénètre son atmosphère. Cette planète originale, nommée WASP-12b, dite de type « Jupiter chaud », gravite très près de son étoile et présente des températures extrêmes. Son atmosphère est si chaude que pratiquement aucune molécule ne peut survivre sur sa face diurne, où les températures atteignent les 2 500 degrés Celsius. Par conséquent, il n’y a probablement pas de nuages qui pourraient réfléchir la lumière vers l’espace : cette dernière atteint plutôt l’atmosphère de la planète, où elle est absorbée par des atomes d’hydrogène, puis transformée en énergie thermique.

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