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L’incomunicabilità di Minervini. “Low Tide” – Orizzonti – Venezia 2012

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La comunità texana, alle prese con quel che resta dell’antico sogno americano, è la protagonista di Low tide, di Roberto Minervini, alla sua seconda prova, approdato a Venezia nella sezione Orizzonti. Il film fa parte di una sorta di “trilogia texana” composta dal precedente The Passage e da un terzo film attualmente in lavorazione.

Alla ricerca dell’America più vera, quella che non ha voce, che neppure vota – essendo quella di votare una scelta facoltativa, negli USA – la camera a mano si muove lenta e punta su spazi desolati, immensi, desolanti. La regia e la sceneggiatura sono tutte e due più o meno improvvisate. Il regista ha parlato di un trattamento allargato, composto da meno di trenta pagine, come linea di massima per il girato, il quale trattamento/sceneggiatura non è condiviso con gli interpreti, chiamati inevitabilmente all’improvvisazione. Minervini non ama dirigere le emozioni che debbono rispondere alle reazioni spontanee degli interpreti, al massimo dà indicazioni sulle azioni – stando alle sue dichiarazioni, in conferenza stampa.

 

Eppure, il suo tentativo di raccontare l’incomunicabilità, tutto sommato, si sfilaccia in tempi lunghi che assopiscono. Madre e figlio vivono come separati in casa, lei troppo occupata dal lavoro e dalle sbronze e il bimbo troppo solo per costruire o immaginare un futuro. La ricerca di verità è spesso confusa e ne dà prova il modo di girare, che sembra andare a vuoto, senza meta e senza emozionare davvero. Quanto all’abbraccio finale tra madre e figlio, esso non risolve l’incomunicabilità né la posizione ai margini sociali di certe realtà che probabilmente non conoscono né possono provare a trovare un’altra ragion d’essere. Non è un caso, infatti, che avvenga nel mare ma non è sotto il sole cocente, quanto tra le nubi riflesse nell’acqua da queste oscurata.

Circa la similitudine con i fratelli Dardenne, la differenza è nell’approccio. Nei fratelli belgi, il risultato scarno ed essenziale come il crudo realismo della narrazione sono il frutto di una rigida e meticolosa costruzione a monte, che Minervini rigetta già come sintassi metodologica di lavorazione. Il regista marchigiano è giovane e di tempo per costruire una propria sintassi ne ha, purché sia interessato a non confondere semplicità con semplificazione. E quel che più interessa, è ricordare che una camera mentre inquadra qualcosa ha il dovere di restituire allo spettatore una verità artistica, che non è né deve essere il riflesso piatto di quella reale.

 

Margherita Lamesta

Flash News

La ricerca dell’Università di Pisa pubblicata sul “Journal of Cleaner Production” è stata condotta su un campione di 68 comuni rappresentativo di tutto il territorio italiano

La crescita del turismo incide “significativamente” sui costi della raccolta dei rifiuti solidi urbani. E’ questa la conclusione di uno studio condotto al dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa e pubblicato sul “Journal of Cleaner Production”. Giulio Greco, Velia Gabriella Cenciarelli e Marco Allegrini hanno analizzato i costi della raccolta di organico, carta, multi-materiale (plastica, metallo, vetro) e indifferenziata su un campione di 68 comuni rappresentativo di tutto il territorio italiano. 
L’analisi dei ricercatori è partita da una misura analitica dei costi annui legati alla gestione dei rifiuti. Secondo le loro stime, per la raccolta dell’indifferenziato ogni cittadino spende in media 22,42 euro con punte che arrivano sino a 83,22 euro. Per la carta i costi sono invece più contenuti con una media di 8,91 euro per abitante, a fronte dei 13,55 euro per l’organico e dei 6,27 euro per il multi-materiale.

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