Dallo studio europeo IMMIDIET emerge l’urgenza di correre ai ripari
Ricercatori dell’Università Cattolica di Campobasso, in collaborazione con i centri europei del Progetto IMMIDIET, mostrano che troppi ipertesi non sono consapevoli del proprio stato di salute.
Ma anche per chi sa della sua condizione, ed è in trattamento,la pressione molto spesso non è sotto controllo.
La mappa europea del rischio cardiovascolare sta cambiando,con l’Inghilterra che se la cava meglio dell’Italia.
I risultati di uno studio condotto dai Laboratori di Ricerca dell’Università Cattolica di Campobasso,in collaborazione con i Centri europei partecipanti al progetto IMMIDIET, confermano che l’ipertensione, fattore di rischio importante per le malattie cardiovascolari, rappresenta ancora una seria minaccia in Europa. Secondo i risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista internazionale Journal of Hypertension, organo ufficiale della Società europea di ipertensione e della Società internazionale di ipertensione, molti ipertesi non sono consapevoli delle proprie condizioni di salute e così non
corrono ai ripari. Ma anche tra quelli già diagnosticati, e in trattamento, la situazione non è rosea: più della metà di loro ha un controllo non ottimale della propria pressione arteriosa.
Lo studio IMMIDIET ha esaminato 1,604 persone provenienti da tre diverse aree geografiche: sud-est di Londra in Gran Bretagna, Limburgo in Belgio, e Abruzzo in Italia. Grazie a una stretta collaborazione con i medici di medicina generale delle zone visitate, i partecipanti sono stati sottoposti a una visita medica generale, inclusa la misurazione della pressione ed a una serie di prelievi. Hanno inoltre risposto a un questionario dettagliato sui propri stili di vita e sulla percezione del proprio stato di salute.
Complessivamente, il 24% della popolazione è risultato iperteso. “Abbiamo però osservato che la consapevolezza era decisamente scarsa - spiega Simona Costanzo dei Laboratori di ricerca dell’Università Cattolica di Campobasso, principale autore dello studio - In realtà, una significativa percentuale di loro (56%) non sapeva di avere la pressione alta”. Ma il grado di consapevolezza è solo un lato della medaglia.
Le cose non vanno meglio nemmeno quando le persone conoscono la propria condizione e sono sotto trattamento. Solo nella metà di loro, secondo i dati raccolti da IMMIDIET, la pressione arteriosa scende ai livelli desiderabili riconosciuti a livello internazionale.
I ricercatori hanno inoltre riportato alcune diversità tra le regioni studiate. Anche qui le novità non mancano. In passato era ben noto come fossero le regioni del nord Europa, piuttosto che quelle del sud, a caricarsi
sulle spalle il fardello del rischio cardiovascolare. Era il famoso “gradiente”: al nord ci si ammalava più che al sud. IMMIDIET suggerisce che la situazione sta cambiando. È risultato infatti che gli inglesi hanno una pressione arteriosa in media più bassa dei belgi e degli italiani. Considerando che anche l’abitudine al fumo ha lo stesso andamento, si può sostenere che oggi più si scende verso sud più sale il rischio cardiovascolare. “E’ come capovolgere radicalmente il vecchio gradiente” commenta Costanzo.
“L’inversione è sorprendente- dice Licia Iacoviello, capo del Laboratorio di epidemiologia genetica e ambientale dell’Università Cattolica di Campobasso e coordinatore dello studio IMMIDIET- Potrebbe riflettere il cambiamento attuale nello stile di vita. Paradossalmente, i Paesi del nord Europa, dove il rischio cardiovascolare è stato più alto che in Italia, stanno adesso modificando le proprie abitudini, avvicinandosi alla vecchia cultura di stampo italiano in materia di cibo e stili di vita. In pratica sposando un modo di vivere più sano. Al contrario, in Italia le vecchie buone abitudini stanno scomparendo e forse solo ora ne stiamo osservando le drammatiche ripercussioni sulla salute”.
Tuttavia le donne sembrano fare meglio degli uomini. In tutte e tre le aree geografiche studiate sono risultate più consapevoli del loro stato ipertensivo rispetto agli uomini e, quando erano sotto trattamento,tendevano a livelli più bassi di pressione arteriosa, segno di una migliore gestione della propria condizione.
Secondo gli autori dello studio, questo potrebbe dipendere dal fatto che le donne ricorrono più frequentemente al proprio medico di famiglia.
“Guardando questi dati e ad altri studi condotti recentemente- commenta Iacoviello- temiamo seriamente che l’Europa si trovi in una situazione pericolosa. L’ipertensione è un fattore critico per diverse patologie,come l’infarto del miocardio e l’ictus, tuttavia resta pesantemente sottovalutato. Abbiamo assolutamente bisogno di mettere in campo iniziative mirate, e alla svelta, introducendo nuove ed efficaci strategie per contenere le dimensioni di questa minaccia”.
“Tutti i servizi sanitari nazionali dovrebbero fare di più per controllare l’ipertensione- sostiene Francesco Paolo Cappuccio, professore di medicina cardiovascolare ed epidemiologia alla Warwick Medical School, Gran Bretagna, e partner dello studio IMMIDIET- Sebbene da questo studio risulti che in Inghilterra la gestione della pressione alta sia migliore se confrontata con quella di altri Paesi, in parte per via degli incentivi accordati ai medici di base per raggiungere questo tipo di obiettivi, abbiamo ancora troppi pazienti che non sono trattati adeguatamente, e l’incidenza di ipertensione continua a salire. Ma non è solo una questione di migliore gestione dell’ipertensione nei pazienti. Servono soprattutto strategie di prevenzione ad ampio raggio”.
Lo studio IMMIDIET
Finanziato dall’Unione europea con la Key Action 1: Food, Nutrition and Health QLK1-CT-2000-00100, IMMIDIET punta a ottenere una conoscenza fondamentale nel campo delle malattie cardiovascolari, soprattutto per quanto riguarda l’interazione tra genetica e stili di vita.
Al centro dello studio c’è un importante episodio della migrazione italiana: il Belgio, un Paese che è diventato la nuova casa di migliaia di italiani, provenienti prevalentemente dall’Abruzzo, che sono andati a lavorare nelle miniere. Molti di questi emigranti non hanno fatto rientro in Italia ma sono rimasti nel loronuovo Paese. Alcuni di loro si sono anche sposati con belgi. Il loro patrimonio genetico è rimasto ovviamente lo stesso ma quanta Italia c’è ancora nella loro dieta? E quanto hanno trasmesso ai loro coniugi? Non solo. Quanti emigranti italiani hanno assimilato le abitudini alimentari del Paese ospite? In questo contesto, il ruolo dei fattori genetici e gli stili di vita possono essere determinati per esplorare nuove strade nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. Per portare avanti la ricerca, coppie sposate sono state reclutate in tre diverse aree europee: sud-est di Londra, Limburgo, in Belgio, e nella regione Abruzzo.
Nella prima fase dello studio, i cui dati sono stati usati per la ricerca sull’ipertensione, le coppie sono state individuate nella stessa area, italiani sposati con italiani (in Abruzzo), belgi sposati con belgi
(area del Limburgo) e inglesi sposati con loro connazionali (sud-est di Londra). La seconda fase del progetto IMMIDIET ha reclutato coppie miste italo - belghe per vedere se , acquistando abitudini alimentari tipiche dell’Abruzzo, il partner belga avesse cambiato il proprio rischio per le malattie cardiache.
I CENTRI EUROPEI PARTECIPANTI AL PROGETTO IMMIDIET
Scientific coordinator:
• Licia Iacoviello
Laboratory of Genetic and Environmental Epidemiology, Research Laboratories, "John Paul II"
Center for High Technology Research and Education in Biomedical Sciences, Catholic University,
Campobasso - Italy
Participants:
• Jozef Arnout
Center for Molecular and Vascular Biology, Katholieke Universiteit, Leuven - Belgium
• Frank Buntinx
Department of General Practice, Katholieke Universiteit, Leuven - Belgium
• Francesco P. Cappuccio
Clinical Sciences Research Institute, University of Warwick Medical School, Coventry – United
Kingdom
• Pieter C. Dagnelie
Department of Epidemiology, NUTRIM Subdivision of Nutritional Epidemiology, Maastricht
University - The Netherlands
• Michel de Lorgeril
Nutrition Vieillissement et Maladies Cardiovasculaires, UFR de Medecine, La Tronche - France
• Vittorio Krogh
Nutritional Epidemiology Unit, National Cancer Institute, Milan - Italy
• Alfonso Siani
Unit of Epidemiology and Population Genetics, Institute of Food Sciences CNR, Avellino – Italy
http://www.moli-sani.org/IMMIDIET_site/project.html