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La Terra vista dallo spazio: il lago di Aral

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La Terra vista dallo spazio: il lago di Aral

Ogni giorno centinaia di satelliti “scansionano” con i loro radar la superficie della Terra e producono milioni di immagini. Questa settimana l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha scelto di mostrare, fra le immagini del suo vasto archivio fotografico, un minuscolo “pixel” azzurro, al confine tra Kazakistan e Uzbekistan, in Asia centrale. E’ il lago – erroneamente chiamato “mare” - di Aral, in russo Aralskoje More, una volta il quarto lago più grande del mondo, oggi vittima di uno dei più gravi disastri ambientali compiuti dall’uomo.

La Terra vista dallo spazio: il lago di Aral
Lago di Aral. Photo: ESA 2009

Il destino di questo lago era già segnato negli anni 60, quando i Sovietici, dediti all’agricoltura intensiva, deviarono il corso dei suoi due immissari (Amu Darya a sud e Syr Darya a nord-ovest), per irrigare i campi di cotone della regione. Scopo ultimo del governo sovietico era quello di trasformare il lago in una grande palude, adatta alla coltivazione del riso. Il sogno dei Sovietici, però, era destinato ad arenarsi in un deserto di sale chiamato Aralkum. Negli anni 80, infatti, il livello dell’acqua del lago scende pericolosamente e aumenta la concentrazione di sale e minerali. Nel 1989 il lago di Aral viene diviso in due parti: il grande Aral, a ferro di cavallo, e il piccolo Aral, a nord, oggi completamente separato dal resto tramite la diga Kokaral. Il “piccolo” lago ha ancora buone probabilità di salvarsi, ma il grande Aral è destinato a prosciugarsi completamente entro il 2020. Dal 1960 ad oggi il volume e la superficie di questo lago sono diminuiti del 75%.

La linea della costa si è ritirata, lasciando i vecchi porti senza sbocco al mare e le imbarcazioni a secco, per la gioia dei turisti che vengono in queste zone a fotografare le carcasse arrugginite dei pescherecci abbandonati in mezzo al deserto. Oggi i villaggi dei pescatori distano più di 200 Km dalla costa e la pesca è stata definitivamente interrotta all’inizio degli anni 80. Gli habitat naturali di questa regione sono ormai scomparsi e con essi la fauna lacustre. Le profonde trasformazioni avvenute negli ultimi 40 anni hanno modificato anche il microclima della regione, con inverni più freddi ed estati più calde. Ogni anno violente tempeste di sabbia spazzano via almeno 150.000 tonnellate di sale e di sabbia mescolati a diserbanti e pesticidi chimici e li trasportano a centinaia di Km di distanza, provocando gravi danni alla salute degli abitanti ed un alto tasso di mortalità infantile.

L’immagine satellitare del lago di Aral è stata trasmessa dai satelliti ESA il 6 marzo 2008 con un sistema chiamato MERIS (Medium Resolution Imaging Spectrometer). Sono passati quasi 40 anni da quando l’equipaggio dell’Apollo 17 riprendeva una delle prime immagini della Terra vista dallo spazio: il pianeta blu. Era il 12 luglio 1972. Oggi i satelliti ci mostrano la Terra come non l’avevamo mai vista perché i loro “occhi” vedono e registrano l’energia riflessa da tutto ciò che ricopre la superficie terrestre: oceani, fiumi, vulcani, foreste, ma anche l’aurora boreale, i ghiacciai del Bhutan in rapido scioglimento, l’uragano Isabel del 2003, la struttura Richat (un cratere del diametro di 40 Km nel cuore del Sahara maritano), il ventaglio alluvionale di Xinjiang formatosi sul confine settentrionale del deserto Taklimakan, in Cina. 

I satelliti sono anche un prezioso strumento per salvaguardare l’ambiente, prevenire catastrofi naturali, monitorare e intervenire in aree di crisi. Grazie all’innovazione tecnologica, siamo in grado di riprendere in tempo reale fenomeni ampi e complessi con una precisione e un livello di dettaglio impensabili fino a qualche anno fa. Inoltre, i satelliti di osservazione terrestre hanno una visione multitemporale, che consente di seguire nel tempo i cambiamenti ambientali del nostro pianeta: deforestazione, aumento dei livelli dell’oceano, assottigliamento dello strato d’ozono. Se confrontiamo le immagini satellitari scattate alcuni anni fa con quelle di oggi, ci rendiamo conto del profondo impatto che l’uomo ha avuto sull’ambiente.

Uno dei più importanti dispositivi di osservazione della Terra è quello ottico, così chiamato perché acquisisce i dati registrando le radiazioni riflesse ed emesse dalla superficie terrestre su bande che vanno dal visibile all’infrarosso termico. Ogni superficie, infatti, ha una “firma spettrale”, ossia un’impronta digitale che permette di distinguerla da tutte le altre. Maggiore è il numero di bande disponibili, maggiore sarà la risoluzione delle immagini. Gli strumenti usati dai satelliti sono molti. Uno di questi è il modello altimetrico, che misura con estrema precisione l’altezza del suolo e del mare. Un’altra applicazione importante dei satelliti è il monitoraggio dell’atmosfera. Le lunghezze d’onda assorbite o emesse dall’atmosfera, infatti, indicano l’eventuale presenza di gas o agenti chimici. Ciò che noi vediamo come dati visivi, cioè come immagini fotografiche, in realtà non sono altro che dati digitali. A seconda del particolare software utilizzato, infatti, è possibile estrarre da questi dati qualsiasi tipo di informazione in base alle finalità di utilizzo.

L’Agenzia Spaziale Italiana ha partecipato a molti progetti di osservazione della Terra, sia in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea (ERS-1, ERS-2, ENVISAT), sia con altre Agenzie spaziali europee ed internazionali. Il suo gioiello tecnologico è un programma satellitare unico al mondo, si chiama COSMO-SkyMed, ed è una costellazione di quattro satelliti in orbita bassa. I satelliti COSMO sono in grado  di monitorare il territorio in qualsiasi condizione meteorologica e con una frequenza impossibile per altri sistemi, fornendo dati in tempi rapidissimi. Il sistema è dedicato alla protezione civile, al monitoraggio dell'ambiente e del clima, alla prevenzione delle catastrofi, al controllo delle coste, alle risorse idrogeologiche. Il 12 febbraio scorso ASI e Ministero della Difesa hanno firmato l'Accordo Esecutivo di collaborazione al Programma COSMO-SkyMed Seconda Generazione (CSG)/Multinational Space-based Imaging Systema (MUSIS). L’intesa prevede lo sviluppo e la realizzazione di satelliti duali radar SAR (Synthetic Aperture Radar), che andranno a sostituire gli attuali satelliti COSMO-SkyMed,

Link consigliati:

European Space Agency (ESA)
http://www.esa.int/esaCP/index.html

ASI
http://www.asi.it/
 

Veronica Rocco

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