Museo Tridentino di Scienze Naturali di Trento e Fondazione Bruno Kessler collaborano nello studio delle orme ritrovate a Zone (Bs)
Nel territorio sono state infatti individuate, su una parete di roccia formatasi nel Triassico superiore circa 220 milioni di anni fa, le orme di grandi rettili arcosauri, specie antenate di coccodrilli e dinosauri.
Il ritrovamento consiste in 70 orme, lasciate da animali differenti, quasi tutte allineate a formare almeno 5 piste (sequenze di passi). Le caratteristiche della parete di roccia su cui sono state ritrovate fa prevedere che molte altre orme giacciano ancora nascoste dalla vegetazione e dalle stratificazioni rocciose soprastanti e sottostanti.
La scoperta è particolarmente importante, in quanto si tratta delle orme di rettili più grandi e meglio conservate mai trovate in Italia per il periodo risalente all'inizio dell'era dei dinosauri. La forma particolare di alcune di queste impronte suggerisce che gli animali da cui provengono possano essere di specie non ancora conosciute alla scienza e permettono di mettere in relazione rocce e fossili ritrovati in varie parti del mondo, offrendo un valido aiuto alla comprensione dei primi passi dell'evoluzione dei rettili che poi diventarono dinosauri.
LA SCOPERTA
Tra il 2002 e il 2003 le tracce sono state segnalate da un abitante del luogo a Stefano Zatti, che nel 2004 le cita nel Dizionario zonese-italiano, attribuendole a "un cucciolo di dinosauro". Il 1° gennaio 2008 Federico Vezzoli, un appassionato di geologia e storia locale, durante una escursione, riconosce con certezza le tracce come orme fossili, scatta alcune fotografie e le mette online sul portale Paleofox, avvisando contestualmente gli organi competenti.
Dalla vetrina di Internet all'occhio dei paleontologi il passo è breve. Dopo un sopralluogo sul posto Cristiano Dal Sasso, del Museo di Storia Naturale di Milano, raduna un gruppo di studio per procedere con ulteriori indagini.
I rettili di Zone erano arcosauri crurotarsi. La famiglia degli ARCOSAURI dominavano nel corso del Triassico superiore le terre emerse. Tra di essi si distinguono due linee evolutive: quella dei CRUROTARSI e quella degli ORNITODIRI. I primi hanno dato origine ai rauisuchi e ai coccodrilli, i secondi ai dinosauri e ai rettili volanti (pterosauri).
Caratteristica dei crurotarsi è il piede, che ha una morfologia particolare e ben riconoscibile, con il quinto dito rivolto verso l'esterno. L'impronta di questo dito (il nostro mignolo) è l'indizio principale che ha portato i paleontologi a cercare gli autori delle orme tra i rappresentanti di questo gruppo. Più precisamente le orme di Zone, con le dita corte e robuste delle quali il quinto tozzo e diretto verso l'esterno, ricordano il genere Brachychirotherium (= mano bestiale dalle dita corte).
In base a confronti con orme fossili studiate in altri giacimenti europei e statunitensi siamo in grado di attribuire le impronte di Zone ad almeno due specie diverse. La prima è Brachychirotherium thuringiacum; la seconda è ancora in studio e potrebbe rappresentare una forma ancora sconosciuta.
Da un certo punto di vista, anche se non sono dinosauri, questi rettili hanno un antenato in comune con essi: sono accomunati dalla postura eretta degli arti, struttura anatomica di successo che permise loro di fronteggiare "alla pari" i dinosauri per quasi tutto il Triassico.
In un recente sopralluogo, ancora più accurato dei precedenti, è stata scoperta una ulteriore pista. Ancora più grande. Il crurotarso che l'ha originata possedeva un corpo piuttosto largo e probabilmente si muoveva più lentamente. Si trattava certamente di un animale più lungo di 5 metri, con ventre e coda ben sollevati da terra.
GRUPPO DI RICERCA SULLE ORME DI ZONE
Il Gruppo di ricerca sulle orme di Zone, coordinato da Cristiano Dal Sasso, del Museo di Storia Naturale di Milano è composto dai paleontologi e geologi Marco Avanzini, Fabio Massimo Petti, Massimo Bernardi e Paolo Ferretti del Museo Tridentino di Scienze Naturali di Trento, oltre a Umberto Nicosia dell' Università degli Studi di Roma "La Sapienza" e Paolo Schirolli del Museo di Storia Naturale di Brescia.
Il rilevamento laser (effettuato con uno strumento Leica ScanStation2) dell'intera superficie fossilifera, la fotogrammetria e l'elaborazione dati sono a cura di Stefano Girardi, Fabio Remondino e Lorenzo Gonzo della Fondazione Bruno Kessler, Trento.