Ventidue milioni i malati in Africa sub-sahariana
Più di 5000 scienziati si sono confrontati per 5 giorni in Senegal, in occasione della Conferenza internazionale sull’aids in Africa. Nella lotta al virus si registra qualche successo, ma dal vertice non sono arrivate nuove proposte.
Si è aperta a Dakar lo scorso 3 dicembre la XV “Conferenza internazionale sull’aids in Africa”. Durante i 5 giorni di incontro oltre 5.000 scienziati, esperti del settore, politici e rappresentanti della società civile hanno discusso la gravità della diffusione del virus da immunodeficienza acquisita in Africa.Obiettivo delle innumerevoli relazioni e tavole rotonde era trovare una risposta africana concreta alla problematica Aids, ponendo attenzione ai traguardi scientifici, alle azioni dei governi e ai finanziamenti necessari alla ricerca e agli interventi in loco.
La prima giornata si è aperta con una nota positiva del ricercatore senegalese Souleymane Mboup, il quale ha affermato che “per la prima volta esistono prove di progressi sostanziali, con una stabilizzazione o addirittura una riduzione dei casi di contagio in diversi paesi”. È una voce autorevole quella di Mboup, che ha condotto grandi studi epidemiologici sull’AIDS ed è stato uno dei primi ricercatori a ricostruire l’origine del virus HIV-2. Per lo scienziato: “gli sforzi fatti negli ultimi anni dai paesi africani cominciano a dare i loro frutti”.
Rappresentanti del Programma delle Nazioni Unite sull’Aids (UNAIDS) hanno infatti confermato come negli ultimi anni ci siano stati molti progressi nell’accesso alle cure per malati affetti dal virus. Tuttavia la situazione africana rimane molto preoccupante: le cifre stimano che dei 33 milioni al mondo di malati di Hiv, 22 si trovino in Africa sub-sahariana.
Molte le preoccupazioni sollevate dai rappresentanti della società civile: alla luce della recente crisi economica, si teme infatti che vengano ridotti i finanziamenti internazionali al Fondo mondiale per l’aids, la tubercolosi e la malaria. È indispensabile che la comunità continui a sostenere i progetti di lotta all’HIV: sia realizzando capillari campagne di sensibilizzazione e prevenzione, necessarie a ridurre la diffusione dell’Aids, che curando in ogni dove i soggetti colpiti dal virus.
Le conclusioni del convegno non sono però chiare: c’è da chiedersi se la risposta africana non sia determinata da volontà politiche dell’occidente nel controllare la diffusione di un virus che non ha colore né bandiere. A questa dolorosa problematica che tocca l’umanità intera, dovrebbe corrispondere una soluzione internazionale. Un ruolo chiave è sicuramente quello svolto dalle campagne di sensibilizzazione e prevenzione al virus, che possono salvare dal contagio le generazioni future.