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La città del futuro: risparmio, efficienza, energia “verde”

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Oggi più della metà della popolazione mondiale vive nelle città e, per la prima volta nella storia dell’umanità, la popolazione urbana ha sorpassato quella delle campagne. Se nel 1950 solo New York e Tokyo superavano i dieci milioni di abitanti, oggi sono addirittura venti le città che possono vantare il titolo di “megalopoli”. Due terzi di queste megalopoli si trova nel sud del mondo.

Se, da un lato, il processo di inurbamento cresce a dismisura, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove le città diventano un concentrato di fumi, falde acquifere inquinate, discariche a cielo aperto, dall’altro aumenta il bisogno di dare energia “pulita” alle città. Negli ultimi 100 anni, infatti, le città si sono affidate a fonti energetiche lontane, costose e altamente inquinanti. In Cina, ad esempio, si calcola che l’utilizzo del carbone uccida cento minatori alla settimana, oltre a provocare piogge acide e contaminare l’aria. Città del Messico, con i suoi 20 milioni di abitanti, è stata definita “la città più pericolosa al mondo per i bambini” poiché è una delle aree più inquinate del pianeta.

La pianificazione energetica delle città
In un recente studio, Janet L. Sawin e Kristen Hughes  ammettono che una sfida importante per la città è quella di partecipare sempre più attivamente alla progettazione e costruzione del proprio futuro energetico. Molte lo stanno già facendo, come la svedese Malmö  e la cinese Rizhao, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Un terzo della popolazione dell’India vive nei centri urbani e consuma ben l’87% dell’energia elettrica nazionale. Spesso, la distribuzione di elettricità all’interno dell’area urbana è affidata a linee inefficienti, che causano una forte dispersione energetica. Questa dispersione sfiora anche punte del 50% nei Paesi in via di sviluppo ed è dovuta a comportamenti illegali ma molto diffusi: professionisti, piccole società, uomini d’affari, etc. approfittano della matassa di fili che avvolgono interi quartieri per “succhiare” più del 30% dell’elettricità.

Le luci della città
Le città hanno bisogno di energia per illuminare le strade, le case, gli uffici. A livello mondiale, l’illuminazione assorbe il 20% del consumo totale di elettricità. Che cosa possiamo fare per limitare questo spreco energetico? Innanzitutto, sfruttare al massimo la luce del sole nelle ore diurne. Già gli antichi romani approvarono delle leggi sul “diritto al sole”, che proibivano ai costruttori di schermare la luce naturale. Anche il riscaldamento degli edifici causa un forte dispendio di energia. La progettazione di case secondo principi biocompatibili contribuisce a ridurre la domanda energetica: per esempio, l’utilizzo di pannelli solari o di riscaldamento radiante a pavimento.
Quest’ ultimo è stato riscoperto agli inizi del ‘900, ma si basa su una tecnica molto più antica. I Romani, infatti, erano soliti collocare tubi di terracotta sotto i pavimenti in pietra, incanalando il calore prodotto dai camini.

I 'cool roofs'
Anche l’aria condizionata costituisce un fattore di inquinamento. Nelle maggiori città della Cina, questa voce copre il 40% del consumo energetico ed è la causa principale della crisi energetica che dal 2003 affligge il gigante asiatico. Un utile strumento per limitare l’uso di condizionatori è quello di utilizzare i cosiddetti cool roofs, o tetti freddi, costruiti con materiali riflettenti e barriere radianti. Questo tipo di schermature isola gli edifici sia dalla calura estiva che dai rigori invernali, con un risparmio energetico annuale pari all’1%.


Generazione elettrica distribuita
Un metodo per consentire alle città di soddisfare in modo autonomo il proprio fabbisogno energetico consiste nel generare numerose piccole imprese elettriche sul territorio che producono energia a livello locale. In questo modo si abbattono i costi delle infrastrutture necessarie per trasportare e distribuire l’energia, limitando anche il rischio di dispersione. Il sistema a “generazione distribuita” fu pensato già da Thomas Edison nell’800 quando realizzò la prima rete per la diffusione dell’energia elettrica.

Che cosa impedisce il cambiamento?
Secondo Janet L. Sawin e Kristen Hughes , ci sono molti modi per ridurre la dipendenza dei grandi centri urbani dalle fonti di energia convenzionali, ma il cambiamento è tutt’altro che facile. Gli scettici, infatti, sostengono che una rete di piccoli impianti locali alimentati con energia verde, insieme ad un sistema di risparmio ed efficienza, non sono in grado di soddisfare il fabbisogno energetico di una grande città.  A questo diffuso scetticismo si accompagna anche una limitata disponibilità di risorse economiche da destinare alle iniziative locali; sono ancora in molti, infatti, a pensare che l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili non sia una voce prioritaria nell’agenda politica dei governi, soprattutto quelli dei Paesi in via di sviluppo. Un altro ostacolo è rappresentato dalla politica internazionale, che continua a privilegiare le energie ricavate da combustibili fossili a quelle alternative: ogni anno vengono stanziati 300 miliardi di dollari per l’energia nucleare e i combustibili convenzionali, il quadruplo di quello che viene destinato alle energie rinnovabili.

1. Janet L. Sawin e Kristen Hughes ,“Dare energia alle città”,  Il nostro futuro urbanizzato. Rapporto sullo stato del pianeta, Edizioni Ambiente, 2007.

2. Veronica Rocco, “Malmö, il “cuore verde d’Europa”: è svedese la prima città eco compatibile al 100%”, in Scienzeonline, 10 Dicembre 2007

3. Janet L. Sawin e Kristen Hughes ,“Dare energia alle città”,  Il nostro futuro urbanizzato. Rapporto sullo stato del pianeta, Edizioni Ambiente, 2007.

Veronica Rocco

Flash News


A cura di Paola Ugolini
Conferenza stampa
mercoledì 21 giugno 2017 ore 11.30
Inaugurazione
mercoledì 21 giugno 2017 ore 19.30
22 giugno — 24 settembre 2017
Sala Aldrovandi
Claudio Abate, Marina Abramović e Ulay, Renate Bertlmann, Tomaso Binga, Claire Fontaine, Chiara
Fumai, Silvia Giambrone, Goldschmied & Chiari, Sanja Iveković, Ketty La Rocca, Valentina
Miorandi, Gina Pane, Suzanne Santoro, Alice Schivardi, Francesca Woodman.

La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea inaugura mercoledì 21 giugno alle ore 19.30 la mostra Corpo a corpo a cura di Paola Ugolini. La mostra analizza quel preciso momento in cui il lavoro degli artisti è caratterizzato dall’appropriazione di nuovi linguaggi che spaziano dalla danza all’evento, dall’happening al teatro, dalla pittura alla musica, dalla teoria alla scultura, dal cinema al video. All’interno di queste complesse vicende culturali, la mostra vuole ritagliare soltanto l’ambito in cui l’artista, lasciate le tradizionali forme dell’arte, utilizza il corpo come mezzo espressivo. Un momento cruciale che copre i due decenni ’60 e ’70, anni di presa di coscienza e di autodeterminazione in cui si collocano le ricerche sperimentali che hanno declinato in vario modo le istanze femministe di alcune artiste come Marina Abramović, Tomaso Binga, Sanja Iveković, Ketty la Rocca, Gina Pane, Suzanne Santoro e Francesca Woodman e pioniere nella danza come Trisha
Brown, Simone Forti e Yvonne Rainer negli scatti di Claudio Abate. Negli ultimi anni il linguaggio del corpo è stato ripreso da artiste italiane dell’ultima generazione come la coppia formata da Eleonora Chiari e Sara Goldschmied, Chiara Fumai, Silvia
Giambrone, Valentina Miorandi e Alice Schivardi - e del collettivo artistico con base a Parigi Claire Fontaine. Tutte hanno riattualizzato l’eredità ricevuta da chi le ha precedute, realizzando una serie di opere che compenetrano le ragioni dell’estetica con quelle della politica. Il loro lavoro ravviva quei caratteri che la critica americana Lucy Lippard riconosceva come contributo del femminismo all’interno della vicenda artistica degli anni ’70: un’arte che fosse “esteticamente e socialmente
efficace allo stesso tempo” caratterizzata “da un elemento di divulgazione e da un bisogno di connessione di là dal procedimento e del prodotto”. 2 Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea Ancora oggi la fotografia, il gesto e l’azione performativa sono gli strumenti ideali usati all’inizio degli anni ’60 dalle artiste per continuare lo scardinamento del linguaggio e dei mezzi espressivi classici e sottolinearne l’inadeguatezza. Il linguaggio verbale, infatti, spesso si è rivelato
insufficiente per definire stati d’animo complessi. Per questo motivo la sua destrutturazione visiva, attraverso il collage e il video, è ancora fondamentale per esprimere sentimenti e punti di vista difficili da indagare con altri mezzi espressivi. Il catalogo, con testi istituzionali del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini e della Direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea Cristiana Collu e saggi di Paola Ugolini, Massimo Mininni e Carla Subrizi, è edito da Silvana Editoriale.
Informazioni
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
viale delle Belle Arti, 131 – Roma
T +39 06 3229 8221
orari di apertura
dal martedì alla domenica: 8.30 – 19.30
ultimo ingresso 18.45
biglietto intero: € 10,00
biglietto ridotto: € 5,00
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