L’esperimento è stato commentato in diretta da Emanuele Menegatti e Michele Moro, gli scienziati dello IAS-Lab (il laboratorio del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova) che lavorano al progetto, ed eseguito in collegamento con l’Ospedale San Camillo di Venezia, dove uno sperimentatore ha formulato i pensieri dei movimenti che hanno comandato via internet le manovre eseguite in contemporanea dal robot nel Museo Civico di Rovereto.
L’Ospedale San Camillo, al Lido di Venezia, partecipa al progetto con il suo avanzatissimo laboratorio di neuroscienze, ed ha sperimentato questa tecnica su uno dei suoi pazienti “locked in”, ossia quei malati il cui cervello è completamente scollegato da qualsiasi possibilità di movimento, anche delle labbra o degli occhi: sono cervelli imprigionati, che possono solo percepire, vedere, udire e pensare. Uno di questi pazienti, collegato al computer tramite elettrodi sul cuoio capelluto, ha già comandato con il pensiero i movimenti di una pallina visualizzata sullo schermo. E oggi, i movimenti di quella pallina sul computer a Venezia hanno comandato le manovre di un robot a 300 chilometri di distanza, a Rovereto.
La prospettiva futura cui si sta ora lavorando attivamente punta a costruire per questi pazienti un robot “alter ego”, che possa comunicare con chiunque e spostarsi ovunque (anche in un teatro, o uno stadio, per esempio, trasmettendone immagini e suoni), comandato sempre da quel cervello imprigionato in un corpo completamente inerte in un letto di ospedale.
Ovviamente non mancherà chi vorrà cercare applicazioni militari di questo progetto. Ma un’altra prospettiva futuribile cui gli scienziati padovani stanno lavorando è quella di un esoscheletro computerizzato, una sorta di armatura da far indossare al paziente paralizzato, in grado di trasportarlo fisicamente, manovrabile dal solo pensiero trasmesso da elettrodi su un casco.
Guido Scialpi