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L’acquacoltura unica strada per colmare il “deficit di pesci”

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 In data 19-11-2007
Comunicato Stampa FAO

 Anno 4
Edizione Novembre 2007
 
In una riunione ministeriale ad alto livello si discute del futuro della pesca d’allevamento
 
Per l’anno 2030, a causa dell’incremento demografico, ci vorranno 37 milioni di tonnellate di pesce in più all’anno per mantenere gli attuali livelli di consumo ittico. E poiché la pesca da cattura tradizionale ha raggiunto ormai il livello massimo di produzione, la pesca d’allevamento rappresenta l’unica risorsa per colmare il deficit. Tuttavia sarà in grado di farlo solo se sviluppata e gestita in modo responsabile.
 
E’ stato questo il messaggio della FAO ai rappresentanti* delle maggiori autorità mondiali del settore ittico, riuniti a Roma per discutere del contributo dell’acquacoltura allo sviluppo sostenibile. L’incontro si svolge nell’ambito della Conferenza biennale della FAO (17-24 novembre 2007).
 
Il futuro della pesca è l’allevamento
Per un quarto di secolo, la pesca d’allevamento è stata il settore di produzione alimentare con il più rapido tasso di crescita al mondo, l’8,8 per cento a partire dal 1970. Per fare un esempio, la produzione zootecnica, che pure è un settore in crescita, ha registrato nello stesso periodo un incremento di solo il 2,8 per cento annuo. 
 
Attualmente, circa il 45 per cento di tutto il pesce consumato – 48 milioni di tonnellate in totale – è d’allevamento. 
 
Per l’anno 2030, con 2 miliardi di persone in più che andranno ad aggiungersi alla popolazione mondiale, l’acquacoltura avrà bisogno di produrre quasi il doppio - 85 milioni di tonnellate all’anno - solo per mantenere gli attuali livelli di consumo pro-capite. 
 
Commentando queste tendenze, il Direttore Generale della FAO Jacques Diouf, ha ricordato ai partecipanti che la crescita dell’acquacoltura dovrebbe diventare una priorità dell’agenda internazionale dello sviluppo. 
 
Tuttavia, Diouf ha avvertito che saranno necessarie decisioni politiche sagge sull’utilizzazione delle risorse naturali quali l’acqua, la terra, le sementi ed il foraggio oltre che una gestione ambientale responsabile per sostenere e valorizzare la crescita dell’aquacoltura. 
 
L’acquacoltura sempre più fonte di reddito e d’occupazione
Un documento FAO presentato alla riunione ministeriale sottolinea che non solo la pesca d’allevamento aiuta a ridurre fame e malnutrizione, fornendo alimenti ricchi di proteine, acidi grassi, vitamine e minerali, ma anche contribuisce in modo significativo alla sicurezza alimentare creando posti di lavoro e fornendo reddito. In Asia, ad esempio, l’allevamento ittico dà occupazione diretta a circa 12 milioni di persone.
 
In un messaggio video proiettato nel corso dell’incontro odierno, il Presidente dello Sri Lanka Mahinda Rajasakse ha sottolineato l’importanza della pesca d’allevamento per le condizioni di vita della popolazione in Asia come altrove. ”Per società con economie essenzialmente rurali, l’acquacoltura fornisce molte opportunità alle persone a basso reddito per diversificare e migliorare i propri mezzi di sussistenza”, ha detto. 
 
A rilento l’Africa
Una preoccupante eccezione rispetto al boom dell’acquacoltura è l’Africa, unica area del mondo in cui il consumo di pesce pro-capite ha subito un calo e la cui percentuale all’interno della produzione ittica d’allevamento globale è inferiore all’uno per cento. “L’Africa ha un buon potenziale di risorse per la crescita dell’acquacoltura”, si legge nel documento FAO, e dovrà essere una “regione prioritaria” degli aiuti mirati alla promozione dello sviluppo dell’acquacoltura. 
 
* Erano presenti all’evento i Ministri della Pesca dei seguenti paesi: Bahamas, Ecuador, Egitto, Guyana, Haiti, Honduras, Indonesia, Mali, Mauritius, Mozambico, Myanmar, Norvegia, Papua Nuova Guinea, Samoa, Senegal e Togo; erano presenti anche delegati ad alto livello di numerosi altri paesi. La sessione è stata co-presieduta da Helga Pedersen, Ministra norvegese della Pesca e degli Affari Costieri e da Amin Ahmed Mohamed Othman Abbaza, Ministro egiziano dell’Agricoltura e della Bonifica delle terre incolte.
 

Flash News


L’Università di Pisa coordina il progetto “LIFE MEDTURTLES”, finanziato con 3 milioni di euro sino al 2023 diminuire l’impatto antropico e ridurre la pesca accidentale delle tartarughe


Droni per le ricognizioni aeree, una App per segnalare gli avvistamenti e un piccolo esercito di cento tartarughe equipaggiate con appositi trasmettitori satellitari per tracciarne gli spostamenti in tutto il Mediterraneo. Sono questi alcuni degli strumenti al servizio degli scienziati impegnati in “LIFE MEDTURTLES”, un nuovo progetto europeo che ha l’obiettivo di proteggere due specie a rischio che popolano i nostri mari: la tartaruga comune (Caretta caretta) e quella verde (Chelonia mydas). Il progetto, appena partito e coordinato dai professori Paolo Casale e Paolo Luschi del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, è stato finanziato con circa 3 milioni di euro dalla UE sino al 2023. Dal punto di vista geografico, LIFE MEDTURTLES riguarderà Albania, Italia (in particolare il Mar Adriatico), Spagna, , Tunisia e Turchia .

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