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Malafede

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“Chi difende tutti difende se stesso, chi pensa solo a sé viene distrutto”. Akira Kurosawa interpretava in questa modo la dimensione sociale e collettiva della vita di ogni individuo nel suo capolavoro “I sette samurai”. Con la stessa frase si apre il nuovo romanzo di Maurizio Cotrona, dal titolo ”Malafede”, edito da Lantana e presentato al pubblico il 5 luglio presso la Libreria Mondadori di via del Pellegrino a Roma.Il romanzo del giovane scrittore tarantino racconta le vicende di una giovane coppia, Giordano e Vittoria, trasferitasi dal Meridione a Roma, nella zona di Malafede, quartiere satellite della Capitale posto nell'estrema periferia a sud-est della metropoli.Le vicende dei protagonisti, amore e vita di coppia, sono trattati con intelligenza ed ironia, con particolare attenzione alle dinamiche psicologiche oggettivamente indissolubili con l'inizio della convivenza con la persona che si ama.L'elemento ambientale rappresenta un carattere fondamentale all'interno del romanzo e non a caso la scelta del titolo, da parte dell'autore, è ricaduta sul nome del quartiere in cui la vicenda è ambientata.L'autore sembra denunciare una tendenza che potremmo definire “socio-architettonica” delle nuove realtà metropolitane che si manifesta attraverso la costruzione di nuovi quartieri posti alle periferie delle grandi metropoli.Molto spesso si tratta di quartieri disegnati secondo perfette linee geometriche, abbelliti da curate aiuole, dotati di parcheggi e di altri servizi che per gli abitanti delle zone centrali delle caotiche  metropoli caotiche rappresentano quasi un sogno.Quartieri in cui ogni cosa è ideata e costruita per rispondere alla crescente esigenza degli individui di sicurezza, confort e normalità, bisogni sempre più sentiti in una società in cui la precarietà, non solo dal punto di vista occupazionale, ma anche dal punto di vista affettivo ed emozionale, è divenuta una costante.A queste esigenze piani urbanistici, architetti e imprese edili rispondono con quartieri come Malafede, dove è sempre possibile trovare parcheggio e dove di fronte alle finestre si trovano aiuole fiorite ma in cui la dimensione sociale e civile dell'individuo viene quasi del tutto trascurata.Quartieri freddi, asettici che spesso rappresentano una realtà ovattata, quartieri che esprimono un grande vuoto esistenziale in cui i rapporti personali sono anestetizzati e ridotti al minimo indispensabile.In questo contesto, in cui si sposa un modello di benessere e sicurezza sociale, il rischio, secondo l'autore, è quello dell'alienazione dell'individuo determinato dall'appiattimento dei rapporti umani e la conseguente solitudine della persona.Sono distanti queste nuove zone rispetto ai vecchi quartieri della città. Lontane non tanto geograficamente quanto emotivamente. La dimensione umana, nonostante le frenesie e le nevrosi della vita quotidiana della città, tenta di resistere, così come resiste una parvenza di responsabilità civile.Nei vecchi quartieri occorre far fronte a numerose difficoltà di ordine pratico.E' questo un prezzo troppo elevato se il rischio è quello di vivere in città da “Truman Show”?  Fabrizio Giangrande     

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