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Un totalitarismo nato dalla libertà. “Clarisse” di Liliana Cavani - Fuori Concorso - Venezia 2012

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Una della pietre miliari del cinema di Casa Nostra, Liliana Cavani, si è presentata a Venezia con un breve documentario Fuori Concorso, Clarisse. Nato da una richiesta della CEI - il cui collegio desiderava un lavoro su Cristo, visto da occhi contemporanei - i venti minuti di girato della signora de Il Portiere di Notte sono precisi, essenziali, forti. Quando necessità e virtù s’incontrano è sempre una bella unione: venti minuti erano stati concessi, per un intervento sui temi religiosi e tanti ne sono risultati necessari, in fase di montaggio del girato.

 

Ciò detto, il documentario, quasi esclusivamente a macchina fissa, per far meglio risaltare la parola - a detta della regista emiliana - pone al centro i grandi temi religiosi ed esistenziali, con cui ci si è confrontati e ci si confronta in ogni epoca, a partire dai presocratici, in termini dottrinali, ma, in effetti, sin da quando esiste l’uomo.

Resurrezione, preghiera, crocifissione, vocazione: ecco gli argomenti affrontati, non in termini di spiegazione ma in chiave interrogativa, dentro un file rouge poco esplorato: la donna, la suora, la clarissa. Eppure, in una dottrina spesso espressa attraverso comportamenti e precetti che palpitano di misoginia, il Cristo rivelato è molto chiaro, nella religione come nella storia, su questo punto. L’annuncio del Messia asceso al Padre è la Maddalena a farlo al mondo, ancor prima dei diletti apostoli. Dunque, la gerarchia ecclesiastica, venata di vago maschilismo, si scontra con un Cristo che ha sempre parlato alle persone, uomini o donne che fossero, e con una considerazione per la donna, ravvisabile in tutte le donne attorno a lui: Maria, Marta, Maddalena. Ed è questo il messaggio delle clarisse intervistate e l’eredità di Chiara, che loro conservano dentro la loro fede. Chiara ebbe l’audacia di opporsi al Papa, quando questi non voleva concederle il privilegio della povertà, accordato solo alla fine della sua vita.

Donne rivoluzionarie le clarisse della Cavani, che dal suo background laico non si scompone e fa capire come il senso morale o etico appartiene alle persone, non è monopolio di credenti e cattolici. La forza della preghiera che queste suore professano è rivoluzionaria, cambia nell’animo la persona. E lo fa senza aggressione ma come libera scelta, ravvisabile anche quando nascono i legittimi dubbi sulla propria scelta di vita. “Se entrando qui una donna appassisce, ecco il segnale rivelatore di aver compiuto una scelta sbagliata” - sono le parola della Madre Superiora.

Perciò, pur attraverso lo sguardo della clausura, quel che viene fuori è una religione intesa come senso di religiosità incanalato in una strada di ricerca continua, non secondo una connotazione dottrinale. La ricerca è importante, affinché l’uomo si completi, possa avere ambizioni e possa esprimersi con fantasia, per arrivare a compiere una rivoluzione individuale - dentro di sé - e per sentirsi libero.

Il documentario non chiarisce i vari misteri, in primis quello della particolare scelta di vita di cui tratta ma non mirava neppure a farlo, come ammette la stessa cineasta, limitandosi a porre, e di riflesso a porsi, domande su una materia così grande. Dopo film scomodi per tematiche e immagini, la Cavani si pone il primo interrogativo dell’uomo, quello sull’esistenza di Dio. Molti penseranno che sono domande da porsi presto nella vita; e se fosse solo alla luce di un lungo ed intenso vissuto che si acquisiscono gli strumenti necessari alla domanda stessa?

 

Margherita Lamesta

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