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Il mondo d’immagini di Duilio Cambellotti

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in mostra nei Musei di Villa Torlonia
Casino dei Principi, Casino Nobile e Casina delle Civette illustrano
con circa 200 opere il lavoro multidisciplinare dell’artista romano
Musei di Villa Torlonia
6 giugno – 11 novembre 2018


Con la mostra monografica Duilio Cambellotti. Mito, sogno e realtà, la città di Roma avrà l’opportunità di conoscere nelle sue diverse sfaccettature l’opera di uno degli artisti più versatili della prima metà del ‘900, in un contesto museale fra i più affascinanti di Roma Capitale.
Nel verde della storica Villa Torlonia, all’interno dei prestigiosi spazi del Casino dei Principi e del Casino Nobile, integrati nel percorso dalle famose collezioni di vetrate Liberty della Casina delle Civette, viene presentato un percorso monografico che consente di ricollocare ed apprezzare appieno il lavoro multidisciplinare di un artista spesso presente
nei più grandi eventi espositivi nazionali e internazionali. La mostra - promossa da Roma Capitale - Assessorato alla Crescita culturaleSovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, dall’Archivio dell’Opera di Duilio Cambellotti di Roma, dal Civico Museo “Duilio Cambellotti” di Latina e realizzata con il fondamentale sostegno della “Fondazione Cultura e Arte”- è curata da Daniela Fonti, responsabile scientifico dell’Archivio dell’Opera di Duilio Cambellotti e da Francesco Tetro, ideatore e direttore del Civico Museo “Duilio Cambellotti” di Latina. Duilio Cambellotti (Roma 1876-1960) fu orafo, ceramista, illustratore, pittore, scenografo
teatrale e cinematografico, costumista, infine fotografo e collezionista (anche di ceramiche popolari, acquisite dal Civico Museo del Paesaggio di Maenza, LT); ma soprattutto fu uno scultore originalissimo che la più recente storiografia artistica identifica come il vero antagonista del dinamismo plastico boccioniano.

La mostra si confronta con la difficoltà implicita di esporre il lavoro di un maestro che utilizza costantemente tecniche diverse e che lavora in ambiti e situazioni artistiche (e anche socio-politiche) sempre differenti; tenacemente aderente allo spirito del suo tempo, ma attingendo al patrimonio di una figuratività di stampo classico - sempre reinterpretata e reinventata - che rende il suo mondo d’immagini assolutamente originale e riconoscibile. L’esposizione è articolata in due sedi distinte: la parte più cospicua è ospitata nelle otto sale del Casino dei Principi mentre una sezione dedicata alla scenografia e una “galleria”
di sculture” concludono la mostra nella sede del Casino Nobile. Si aggiunga, quale integrazione ideale alla visita la collezione permanente di vetrate liberty e déco ospitata nella splendida Casina delle Civette. Nel Casino dei Principi una sequenza di sale
tematiche impagina un serrato racconto costituito da circa 230 opere, all’interno del quale si ricomprendono sei decenni d’intenso lavoro. Dopo l’avvio che lo vede abile incisore e cesellatore nell’inquieto mondo degli artisti decoratori di fine secolo, Cambellotti si misura con il tema della modernità, di cui è palcoscenico la città contemporanea, progettando per le industrie artistiche nazionali e straniere e disegnando per esposizioni, banche e teatri splendide affiche pubblicitarie (Progetto per palo – sostegno, 1896 ca.; Manifesto per l’Esposizione Nazionale di Torino del 1898, 1897), non mancando tuttavia d’interrogarsi
sui cambiamenti sociali che il progresso aveva introdotto nella vita degli uomini (La falsa civiltà, 1905). La brillante società borghese della capitale - allora emergente - che si riflette nelle sinuose e avvolgenti forme del Liberty, si colloca agli antipodi di quel mondo ancestrale che nel primo decennio l’artista va scoprendo nella Campagna Romana, già ritratta poeticamente dagli artisti eredi di Nino Costa, ma che malaria e miseria sembravano aver chiuso in un sigillo di eternità senza tempo (Campagna arata, 1912). Il dualismo fra modernità e arcaismo, che faceva di Roma neo-capitale una città unica al mondo, si riflette per un ventennio nel suo lavoro di progettista e decoratore; nella storica Esposizione del Cinquantenario (per la quale disegna il manifesto ufficiale Roma 1911), non lontano dal raffinato villino de La Casa (la rivista cui collabora fin dal 1908), figura la “sovversiva” Capanna dell’Agro, esplicita rappresentazione delle condizioni dei braccianti nomadi del territorio pontino, ma anche manifesto del lavoro sociale compiuto insieme al gruppo umanitario dei sostenitori delle “Scuole per i contadini”. Il profondo rapporto con il mondo naturale dell’Agro Pontino influenza in modo definitivo il
suo orizzonte di scultore che nei decenni successivi sarà popolato dall’incessante interpretazione plastica delle creature che popolano da secoli quel paesaggio; i cavalli al galoppo sfrenato o curvi ad abbeverarsi, i bufali lenti, il nervoso puledro, i tori accosciati e le placide mandrie su cui vigila il silenzioso buttero avvolto nel mantello e nel silenzio della
palude (Conca dei bufali, 1910; Il buttero, 1918-1919).

La mostra mette inoltre costantemente a confronto le due direzioni operative: il lavoro di ideatore di arredi per le abitazioni private, iniziato con le vetrate artistiche negli anni dieci e portato avanti nei due decenni successivi con la progettazione di mobili, stoffe, ceramiche, piccoli bronzi (Tavolo dei timoni, 1912; Le curiose, stipo 1923) e la dimensione pubblica dell’artista capace d’interpretare nella grande scultura e nella pittura monumentale le aspirazioni di autorappresentazione del regime fascista, impegnato in grandi imprese collettive (la bonifica delle Paludi, la progettazione delle città nuove, l’edificazione di palazzi pubblici in tutta Italia). Dalle sculture monumentali per esterni ai cicli pittorici e scultorei ideati per Littoria (Latina) e per il territorio pontino, fino alla progettazione integrata (di pitture parietali, stucchi e arredi mobili per il Palazzo dell’Acquedotto di Bari nel 1931-1932), proseguendo fino agli anni del secondo dopoguerra, emerge il profilo di un grande artista, attivissimo fino all’ultimo e sempre fedele ad un’idea dell’arte nutrita di alte idealità ma anche concepita come servizio prestato alla collettività; un protagonista della prima metà del secolo passato che riconosce nel lavoro per il teatro, al quale si è dedicato per tutta la vita (illustrato dalle fotografie e dalle splendide maquette allestite nel Casino Nobile), l’espressione più completa e comunicativa di quell’idea di arte totale – d’ispirazione wagneriana - sulla quale ha modellato per decenni il suo lavoro. Il catalogo, a cura di Silvana Editoriale, conterrà saggi dei curatori Daniela Fonti e Francesco Tetro e di Giovanna Alatri, Francesca Maria Bonetti, Alberta Campitelli, Carlo
Fabrizio Carli, Monica Centanni, Anna Maria Damigella, Daniela De Angelis, Elena Longo, Nadia Marchioni.

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