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Tiroide? Mai più bizze

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Identificato da una équipe del Cnr di Cagliari un gene che regola i livelli dell'ormone TSH (Thyroid stimulating hormone) e la funzionalità tiroidea. E’ possibile che questo gene possa costituire un bersaglio per il trattamento di alcune patologie endocrine che colpiscono circa il 10% della popolazione mondiale. Lo studio è stato pubblicato sull’American Journal of Human Genetics
La popolazione dell’Ogliastra, un’area della Sardegna isolata per millenni e che, con molta probabilità, deriva da un ristretto numero di individui fondatori continua a confermarsi laboratorio naturale di ricerche genetiche. Un nuovo studio che ha coinvolto 4.300 volontari dell’Ogliastra partecipanti al progetto “ProgeNIA” ha portato all’identificazione di una forte associazione tra uno specifico polimorfismo del gene PDE8B ed i livelli di TSH (Thyroid stimulating hormone), l’ormone che stimola la tiroide.
“In particolare”, spiega Silvia Naitza, ricercatrice dell’Istituto di Neurogenetica e Neurofarmacologia (INN) del Consiglio nazionale delle ricerche di Cagliari, responsabile della ricerca, “la presenza dell’allele raro di questo SNP è associata ad un aumento dei livelli di TSH nel sangue. Tali livelli sono indicatori sensibili della funzionalità della tiroide, una ghiandola che controlla il metabolismo corporeo e la cui alterazione porta allo sviluppo di alcune comuni malattie endocrine che colpiscono circa il 10% della popolazione mondiale”.
Il TSH è infatti prodotto dall’ipofisi e controlla la crescita della tiroide e la secrezione da parte di questa ghiandola dell’ormone tiroideo, attraverso il legame con il suo recettore e la conseguente produzione di un secondo messaggero, l’AMP ciclico (cAMP).
 “In collaborazione con altri gruppi abbiamo replicato e confermato questi risultati”, spiega Manuela Uda responsabile scientifico del progetto ProgeNIA, “in due popolazioni geneticamente distanti da quella sarda: la popolazione fondatrice degli Amish della Pensylvania e quella toscana dello studio “InCHIANTI”, oltre che in un campione indipendente selezionato tra i volontari “ProgeNIA”, per un totale di 4.158 individui”.
Il polimorfismo identificato si trova all’interno del gene PDE8B, che codifica una proteina che degrada l’AMP ciclico ed è espressa ad alti livelli nella tiroide.
“Dal momento che il polimorfismo identificato nel gene PDE8B spiega solo il 2.3% delle variazioni dei livelli ematici del TSH” sottolinea Serena Sanna, responsabile delle analisi genetiche nel progetto ProgeNIA, “si è voluto verificare il ruolo di una serie di geni candidati attraverso un’analisi focalizzata dei dati dello studio di associazione condotto sull’intero genoma”.
Questo ha consentito di evidenziare altri geni associati, anche se in maniera meno significativa, con questo tratto, che dovranno essere confermati utilizzando un numero maggiore di individui. “Sebbene siano necessarie ulteriori indagini”, conclude Silvia Naitza, “complessivamente i risultati di questa ricerca suggeriscono che varianti comuni del gene PDE8B hanno un effetto primario sui livelli di AMP ciclico presenti nella tiroide, che a loro volta influenzano la produzione dell’ormone tiroideo ed il conseguente rilascio nella circolazione sanguigna di TSH da parte dell’ipofisi. Visto il ruolo di PDE8B nella regolazione dei livelli di TSH e nella funzionalità della tiroide, è possibile che questo gene possa costituire un bersaglio per il trattamento di alcune patologie tiroidee”.
“Questo studio”, spiega il Prof. Antonio Cao, coordinatore del progetto ProgeNIA, “nasce dalla proficua collaborazione tra numerose figure professionali, quali clinici, infermieri, biologi molecolari, informatici e statistici appartenenti a gruppi di ricerca italiani e stranieri. Oltre all’INN-CNR hanno contribuito alla realizzazione di questa ricerca l’NIA-NIH di Baltimora, l’Università degli studi di Cagliari, l’Università del Michigan, l’Università del Maryland di Baltimora, l’Università di Parma”.
www.cnr.it

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In data 14.03.07
di Veronica Rocco

  Anno 4
Edizione Marzo 2007


Le ricerche condotte dall’ISPAAM (Istituto per il Sistema Produzione Animale in Ambiente Mediterraneo) del CNR di Sassari hanno messo in luce proprietà inedite di un fiore che da secoli, nell’immaginario collettivo occidentale, incarna il simbolo del culto dei morti. Secondo quanto emerge dagli studi dell’Istituto sassarese, il foraggio ricavato dal Chrysanthemum coronarium L. risulta particolarmente gradito agli ovini, nei quali stimolerebbe la produzione di latte. Inoltre, il crisantemo continua a fornire copiose quantità di foraggio anche durante la stagione primaverile, a differenza di altre specie da pascolo, il cui valore nutritivo si riduce notevolmente alla fine dell’inverno.
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