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HPV e dermatologo

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HPV e dermatologo*

*Relazione da: L'HPV e il vaccino a 2 anni dall'esordio. II Incontro Ospedale Cristo Re. Roma, 19 giugno 2009

Il dermatologo è coinvolto nella diagnosi e terapia delle lesioni da HPV sia quando sono a livello della cute sia quando si localizzano a livello della mucosa della zona genitale che, in quanto area di confine, richiede spesso competenze cliniche e diagnostiche di diversi specialisti.

La lesione clinicamente evidente dell’infezione da HPV, più frequentemente osservata in ambulatorio dal dermatologo, è la verruca che, in realtà, è la punta dell’iceberg di un processo che si realizza in più step e che prevede: infezione da HPV, permissivismo immunologico, replicazione del virus e lesione clinica.
L’infezione da HPV è specie-specifica, la trasmissione del virus avviene per contatto di due superfici epiteliali ricche di cellule esfolianti e contenenti particelle virali. Il virus, in quanto epidermotropo, infetta soltanto gli epiteli in proliferazione attiva della cute e delle mucose. Sono stati identificati ben oltre 100 tipi di HPV e, sulla base della frequente associazione di diversi tipi di HPV con lesioni in specifiche sedi corporee, è stata proposta una classificazione in tre categorie: 1) cutanei non genitali ( HPV-1,-2,-3,-4), 2) genitali (HPV –6,-11,-16,-18), 3) virus isolati da epidermodisplasia verruciforme (HPV-5,-8).
Di tutti i tipi di HPV identificati, circa 40 sono stati ritrovati nelle infezioni anogenitali. I tipi di HPV che interessano gli organi genitali sono stati classificati in tipi ad alto, intermedio e basso rischio oncogeno in base alla capacità di indurre trasformazione neoplastica.
Le infezioni da HPV nella regione anogenitale sono quasi sempre trasmesse per via sessuale, poiché il contatto diretto tra due epiteli, di cui uno infetto, sembra essere il mezzo più efficiente di trasmissione. Inoltre, deve essere presa in considerazione anche la trasmissione per fomiti (lettini da massaggio, asciugamani, maniglie delle porte, panche di legno) e la trasmissione durante il parto.
Sebbene l’associazione epidemiologica fra alcuni tipi di HPV e lo sviluppo di neoplasie genitali sia forte, solamente una parte dei pazienti infettata con HPV ad alto rischio progredisce verso la formazione di un carcinoma invasivo a cellule squamose. Il lungo periodo compreso fra l’infezione primaria e la comparsa della neoplasia invasiva, pari a 20-50 anni, suggerisce che siano necessari altri fattori per la malattia e l’evoluzione verso
la malignità (fattori ambientali, virali e dell’ospite). Alcune condizioni associate come dermatite perianale, infiammazione cronica vaginale, fimosi, prolungate terapie topiche con cortisonici, predispongono il paziente ad infezione con HPV.
Si ritiene che esista, in entrambi i sessi, l’infezione da HPV subclinica, con un periodo di latenza lungo. Nell’infezione subclinica, sono presenti le proteine virali e le particelle infettive, ma all’esame obiettivo a livello di cute e mucose non sono evidenziabili alterazioni significative: pertanto in questa fase c’è un’ampia e inconsapevole diffusione del virus.
L’infezione da HPV nella zona genitale può localizzarsi nell’intera area, compresa la zona perianale, il perineo e la cute circostante e le manifestazioni della malattia da HPV vanno da un’infezione asintomatica, in cui manca la presentazione clinica, a evidenti lesioni su cute e mucosa genitali: verruche genitali (condilomi) e neoplasie.
Circa il 90% dei condilomi anogenitali contiene il tipo 6 e il tipo 11 di HPV, considerati HPV a basso rischio oncogeno. Oltre all’esame obiettivo, i metodi per diagnosticare i condilomi sono: il PAP test, la colposcopia, la biopsia e i test di laboratorio. La diagnosi differenziale dei condilomi deve considerare:

lesioni da altre MST (sifiloma, herpes simplex, mollusco contagioso);

lesioni cutanee benigne comuni (cheratosi seborroica, nevi, ghiandole sebacee);

neoplasie (papulosi Bowenoide, melanoma maligno, neoplasia di Busche-Lowenstein).
Un ampio spettro di misure terapeutiche è disponibile per il trattamento dei condilomi, ma nessun trattamento elimina in maniera efficace l’infezione genitale da HPV, o ne blocca la replicazione oppure ne previene la progressione verso la malignità. I diversi trattamenti proposti per i condilomi si basano tradizionalmente sulla rimozione della lesione, ma sono dolorosi, costosi e associati ad una elevata percentuale di recidive. Inoltre nessuno di questi metodi si è distinto per superiorità terapeutica rispetto agli altri.
Gli obiettivi tradizionali della terapia delle malattie sessualmente trasmesse (eradicazione dell’infezione, eliminazione dei sintomi, prevenzione delle conseguenze a lungo termine e interruzione della catena di trasmissione) non sono stati raggiunti per i condilomi.
Il vaccino profilattico quadrivalente è una chance molto importante nei pazienti trattati dai dermatologi, non solo perché previene neoplasie maligne associate a HPV16 e HPV18 del distretto anogenitale, del cavo orale, del tratto respiratorio superiore e della cute, ma anche perché previene la formazione delle verruche anogenitali che rappresentano
l’infezione a trasmissione sessuale più frequentemente diagnosticata presso i centri di malattie sessualmente trasmesse e sono da considerare un reservoir di virus con potenziale oncogeno. Per il momento, il vaccino è autorizzato solo per le donne per la prevenzione del carcinoma della cervice, ma è importante considerare che le campagne di vaccinazione rivolte a un solo sesso non mostrano successo nella prevenzione completa della malattia a maggior ragione se si tratta della prevenzione di una malattia che vede coinvolto un virus a prevalente a trasmissione sessuale.

Maria Michela Lavieri

Dermatologo Ospedale Cristo Re

 

Flash News

 Une nouvelle étude menée par des chercheurs de l’Institut universitaire en santé mentale de Montréal montre qu’une consommation régulière de cannabis est associée à une hausse des comportements violents chez les jeunes adultes après un congé de l’hôpital psychiatrique. La recherche du Dr Alexandre Dumais (M.D., Ph. D., FRCPC, psychiatre à l’Institut Philippe-Pinel de Montréal) et du Dr Stéphane Potvin (Ph. D., professeur à l’Université de Montréal), effectuée auprès de 1136 patients (âgés de 18 à 40 ans) ayant des troubles mentaux et ayant été suivis à travers cinq rencontres au cours de l’année, prenait en compte la consommation de la substance ainsi que l’apparition de comportements violents.

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