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Inquinamento: in che modo influisce sulle precipitazioni?

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Uno studio pubblicato su Science aiuta a chiarire il rapporto fra inquinamento atmosferico e pioggia

Uragani e inondazioni, alternati a lunghi periodi di siccità, sono gli “effetti collaterali” più frequenti dei cambiamenti climatici. Che l’inquinamento atmosferico sia una delle principali cause dei disastri ambientali, è ormai noto. Meno chiaro è il modo in cui le attività industriali dell’uomo influiscono sulle precipitazioni.

In alcuni casi, infatti, alti livelli di inquinamento si accompagnano ad un aumento della piovosità in aree ad elevata industrializzazione; in altri casi, invece, l’inquinamento sembra ridurre al minimo le precipitazioni e portare a fenomeni di siccità.
A svelarci questa apparente contraddizione è un articolo apparso ieri su Science, con il contributo di Sandro Fuzzi dell’Isac-cnr (Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bologna).
La presenza delle nuvole nell’atmosfera, la loro struttura e la loro capacità di dar vita a fenomeni di piovosità più o meno intensa, sono determinate da minuscole particelle sospese nell’aria che fungono da “nuclei di condensazione” e prendono il nome di Aerosol. Non tutte le nuvole - precisa Fuzzi - danno luogo a precipitazioni, alcune si disperdono nell’aria trasformandosi nuovamente in vapore acqueo e quindi in Aerosol.
In che modo la composizione di queste piccole particelle influisce sulla piovosità, specie nelle zone ad elevata antropizzazione? La maggiore o minore piovosità, spiegano i ricercatori, dipende dall’azione combinata di due fattori: l’effetto radioattivo dell’Aerosol, che fa diminuire le precipitazioni, e quello microfisico che invece aumenta le piovosità.
Finora i due effetti erano stati studiati separatamente. La ricerca pubblicata su Science, invece, dimostra che, quando aumenta il livello di agenti inquinanti nell’atmosfera, i due effetti si combinano tra loro: fino ad un certo grado di inquinamento, la concentrazione di Aerosol sale moderatamente, e quindi prevale l’effetto microfisico responsabile delle piogge; superata una certa soglia di inquinamento, invece, prevale l’effetto radioattivo dell’Aerosol, che provoca una riduzione delle precipitazioni.
Lo studio pubblicato su Science, dunque, concilia due fenomeni apparentemente incompatibili fra loro sotto il comune denominatore dell’”Aerosol antropico”, ossia quello causato da attività umane industriali. Mostrando con ricchezza di esperimenti il rapporto tra immissione di agenti inquinanti, concentrazione di Aerosol e precipitazioni, la ricerca si rivela un prezioso strumento di indagine per capire meglio i cambiamenti climatici e prevenire fenomeni come la siccità.


Per approfondimenti:

Daniel Rosenfeld, Ulrike Lohmann, Graciela B. Raga, Colin D. O'Dowd, Markku Kulmala, Sandro Fuzzi, Anni Reissell, Meinrat O. Andrete, “Flood or Drought: How Do Aerosols Affect Precipitation?”, Science, 5 settembre 2008: 1309-1313
http://www.sciencemag.org/cgi/content/abstract/321/5894/1309

Veronica Rocco

 

 

 

Flash News

WASP-12b is one of the darkest known exoplanets — as black as fresh asphalt. The exoplanet, which is twice the size of Jupiter, has the unique capability to trap at least 94 percent of the visible starlight falling into its atmosphere. The planet orbits so close to its host that it has fixed day and night sides. The day side hordes all the visible light because it always faces its star. A swirl of material from the planet’s super-heated atmosphere is spilling onto its star. Credit: NASA, ESA, and G. Bacon (STScI)

La planète WASP-12b absorbe la majorité de la lumière dans son atmosphère

Le télescope spatial Hubble de la NASA a observé une planète extrasolaire entièrement noire, qui absorbe la lumière plutôt que la réfléchir dans l’espace. Cette caractéristique inédite est attribuable à sa faculté unique d’absorber au moins 94 % de la lumière stellaire visible qui pénètre son atmosphère. Cette planète originale, nommée WASP-12b, dite de type « Jupiter chaud », gravite très près de son étoile et présente des températures extrêmes. Son atmosphère est si chaude que pratiquement aucune molécule ne peut survivre sur sa face diurne, où les températures atteignent les 2 500 degrés Celsius. Par conséquent, il n’y a probablement pas de nuages qui pourraient réfléchir la lumière vers l’espace : cette dernière atteint plutôt l’atmosphère de la planète, où elle est absorbée par des atomes d’hydrogène, puis transformée en énergie thermique.

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