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Sperimentato in laboratorio il motore a batteri

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Il motore a batteri può funzionare: il dispositivo ideato da un gruppo di ricercatori della Sapienza, coordinato da Giancarlo Ruocco direttore del dipartimento di Fisica, in collaborazione con l’Istituto nazionale per la fisica della materia, è stato sperimentato per la prima volta il 4 febbraio scorso. Il funzionamento del dispositivo è stato documentato attraverso una ripresa filmata.

Lo studio di fattibilità del motore a batteri, pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Physical Review Letters, era stato elaborato con successo dal gruppo di fisici che stanno ora lavorando alla realizzazione di un micro-motore azionato dai batteri per produrre movimento sulle microscale.  

Il motore a batteri è un dispositivo, delle dimensioni di qualche decina di millesimi di millimetro, all’interno del quale si trovano minuscole rotelle dentate e asimmetriche, simili a stelle irregolari, immerse in una soluzione popolata da batteri. Il movimento caotico e disordinato dei batteri fa ruotare le nano-rotelle in modo mediamente regolare e ordinato, così da azionare il motore.

Del gruppo di ricerca che ha realizzato i primi esperimenti fanno parte anche Luca Angelani del laboratorio di Meccanica statistica e complessità del Infm-Cnr, Roberto Di Leonardo del laboratorio Soft    dell'Infm-Cnr da Valerio Iebba, Maria Pia Conte e Serena Schippa del dipartimento di Scienze e sanità pubblica della Sapienza ed Enzo Di Fabrizio dell' Università di Catanzaro.

 

Flash News


 

È l'umidità, non la luce, il principale fattore di degrado dei pigmenti gialli di cadmio impiegati dal pittore nel suo celebre quadro. La scoperta è frutto di un’indagine condotta da un team internazionale coordinato dal Consiglio nazionale delle ricerche. Grazie all’utilizzo di metodologie spettroscopiche non-invasive del Cnr Molab, e micro-analisi presso l’ESFR di Grenoble, si è giunti ad un risultato che suggerisce le condizioni ambientali ottimali per esporre l’opera, finora raramente fruibile a causa delle sue delicate condizioni. Lo studio è pubblicato sulla rivista ‘Science Advances’

‘L’Urlo’, capolavoro, di Edward Munch realizzato nel 1910, principale attrazione dell’omonimo museo di Oslo, potrà presto tornare ad essere godibile dal pubblico, grazie ad uno studio scientifico che ne ha rivelato la causa principale di deperimento: l’umidità. La ricerca fornisce ai conservatori le indicazioni per esibire permanentemente il dipinto in condizioni di sicurezza: l'esposizione a livelli di umidità relativa percentuale non superiori a circa il 45% e mantenimento dell'illuminazione ai valori standard previsti per i materiali pittorici stabili alla luce, come il giallo di cadmio utilizzato nella tavolozza.

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