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La scienza per i giovani? Interessante ma inutile

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Da un’indagine dell’Irpps-Cnr emerge che il principale canale di informazione scientifica dei giovani resta la scuola, seguito da internet e tv. La ricerca appassiona i ragazzi, che però non credono serva a risolvere tutti  i problemi né che sia una professione di prestigio. Gli scienziati ai loro occhi sono appassionati ma poco considerati

Non hanno fiducia nell’uso delle tecnologie per risolvere i problemi ambientali, ma sono ottimisti sugli sviluppi della robotica. Ritengono che le decisioni sull’applicazione delle conquiste della ricerca spettino in primo luogo agli scienziati. Giudicano difficile lo studio delle materie scientifiche, lamentano la mancanza di concretezza dei libri di testo e vorrebbero più potere decisionale nelle attività di laboratorio. Ma, soprattutto, considerano la scuola la fonte primaria della loro informazione scientifica e vorrebbero che  tale funzione fosse potenziata.
E’ questa la fotografia degli studenti delle medie superiori che emerge dall’indagine “Percezione della scienza ed educazione scientifica nelle scuole”, curata da Adriana Valente e Loredana Cerbara dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps) del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma. Lo studio ha coinvolto più di 500 ragazzi di Roma e provincia che hanno partecipato all’iniziativa “Scienziati e studenti all’Auditorium”, organizzata dall’Ufficio Stampa del Cnr in collaborazione con Auditorium Parco della Musica di Roma, Eni e Assessorato alle Politiche della Scuola della Provincia di Roma.
Riguardo al percorso scolastico, sia maschi sia femmine giudicano lo studio delle materie scientifiche complicato (per circa il 52,7%), ma anche interessante (80%). I giovani, però, non pensano che lo studio della scienza stimoli a considerare nuove prospettive di lavoro (risponde sì solo il 31,2, con un +6% dei maschi), né che sia utile nella vita quotidiana (ne è convinto meno del 30% degli studenti senza differenze rilevanti tra maschi e femmine). Se si chiede loro quanto lo studio di tali discipline abbia influito concretamente nella loro vita, si conferma che solo il 37,6% è stato spinto a occuparsi di più della propria salute, con 8 punti percentuali in più per i maschi.
Sugli sviluppi e le ricadute delle scoperte scientifiche, i giovani dimostrano anche grande cautela, soprattutto le studentesse. Interpellati sulla applicabilità della clonazione, i maschi sono più ottimisti (35,6% contro 29,6 delle femmine), mentre le ragazze sono più preoccupate e pessimiste (34,5% contro 29,1%), oltre che più attente ai rischi sociali. Sulla robotica si dice ottimista il 69,3% dei maschi e il 60,4 delle femmine, mentre sull’inquinamento gli ottimisti sono il 16,4% dei maschi e il 15,7% delle femmine.
Sono sempre le ragazze a sostenere con maggiore convinzione che spetti agli scienziati la decisione sull’utilizzo delle scoperte scientifiche: 70,3% contro 59,4% per la clonazione; 50,8% contro 47,5% per l’inquinamento. Nella robotica il 55,1% dei ragazzi contro il 48,4% chiede che a deliberare in materia siano gli esperti del settore o la comunità allargata dei ricercatori (50% contro 40,4%).
Ma i ragazzi come vedono i ricercatori? Per il 33% del campione a spingerli è la passione innata, per il 31% la curiosità intellettuale, per il 19% il desiderio di aiutare gli altri, per l’11% l’interesse economico e, solo per il 6%, il prestigio.
E’ proprio questo quadro a luci e ombre, probabilmente, a renderli scettici ma in qualche misura articolati nelle risposte. Quando si chiede agli studenti se vorrebbero diventare ricercatori, il 63,8% dei maschi e il 59,8% delle femmine dice di sì e il 58,9% dei ragazzi e il 55,3% delle ragazze ritiene di esserne capace. Ma ben l’89,4% degli studenti e l’83,3% delle
studentesse sottolinea che per diventare ricercatore occorrano sacrifici e che, seppure valga la pena di affrontarli (74,2% maschi e 80,3% femmine), si tratta di una professione (per il 57%) poco pagata.
Per tornare alla formazione scolastica, è negativo il giudizio degli studenti sui manuali nei quali, per quasi metà del campione (47,8%), manca chiarezza sul rapporto tra ‘globale’ e ‘locale’: si prospettano cioè situazioni allarmanti, ma non si dà alcuna indicazione al singolo su come intervenire. I libri scolastici, inoltre, non parlano dell’utilizzo concreto della scienza e della tecnologia (43%) e non danno spiegazioni dettagliate e complete (lo sottolineano il 43,3% dei maschi e il 35% delle femmine).
Anche sull’attività di laboratorio le valutazioni non sono positive. Questa modalità didattica diverte molto il 33,1% dei ragazzi e abbastanza il 52,1% e sono le femmine ad apprezzarla maggiormente (+8,1%). Nel 70% dei casi il lavoro è organizzato in gruppi e questo piace a ragazze e ragazzi; quello che convince meno è l’impostazione della lezione: il fatto che il docente esegua l’esperimento e la classe si limiti a osservare e prendere appunti (lo lamenta il 47%) e soprattutto che i risultati dell’esperimento siano già noti (51,2%) e che l’insegnante assegni i problemi da risolvere (30,3%). I giovani chiedono insomma maggiore autonomia, lamentando di non poter elaborare le ipotesi da verificare (43,5%) né decidere liberamente le attività da svolgere (83,9%).
Nonostante i suoi limiti, il principale canale di informazione scientifica per i ragazzi rimane la scuola (16,6%), seguita da internet (14,6%), dalla televisione (14,4%), dai quotidiani (10,6%), dalla famiglia (9,6%) e dagli amici (7,8%). Quando si chiede poi quale strumento vorrebbero fosse potenziato, i giovani mettono al primo posto la scuola (16,7%), seguita dalla tv (16,6%) e al terzo posto, a pari merito, i musei e mostre (12,1%). Gli studenti interpellati si ritengono più interessati che informati e le tematiche che più li appassionano sono lo spazio, la clonazione e gli studi sul cervello.
www.cnr.it

Flash News

Foto di  L.Biancatelli

 

L'idea è dell'artista toscana Laura Rovida, la loro vendita aiuterà a finanziare i progetti di conservazione delle Oasi WWF della Maremma

Sono stati raccolti dai volontari in occasione delle giornate di pulizia organizzate dal WWF nell’ambito della campagna spiagge plastic free sull’arenile antistante l’Oasi di Burano (Capalbio), grazie alla fantasia della creativa Laura Rovida, sono stati avviati a nuova vita. I “misteriosi” dischetti di plastica che per alcuni giorni hanno invaso il litorale tirrenico (poi riconosciuti come filtri di depuratore provenienti dal fiume Sele) non sono finiti nella spazzatura ma sono divenuti oggetti di arte del riciclo.
Il risultato? Una simpatica spilla, conservata all'interno di una piccola custodia anch’essa frutto di materiali di recupero.
Autrice la designer tessile toscana Laura Rovida: “Dopo averne raccolti tantissimi, vista la mia propensione al riutilizzo, ho pensato di dar loro una nuova vita. La loro struttura a rete mi ha ricordato la struttura tessile dei tessuti garzati, dunque la cosa piu' naturale era ricamarci. E ho pensato subito al fenicottero rosa, la mia grande passione, la cui silouette ho riprodotto su ogni dischetto, ricamata in seta. Poi ho contattato Fabio Cianchi responsabile delle Oasi WWF della Maremma e abbiamo avviato insieme il progetto”. La stessa confezione che contiene le spille è a sua volta realizzata da un altro prodotto di scarto: il rotolo interno di carta igienica e/o o carta assorbente da cucina. “Volevamo lanciare un messaggio di coerenza e sollevare un altro tema spinoso: quello del packaging”, conclude Laura Rovida.

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