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Dal 24 marzo ai Musei Capitolini CURSUS HONORUM IL GOVERNO DI ROMA PRIMA DI CESARE

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Quattro voci maschili e una femminile rievocano le magistrature di età repubblicana, rivelando l’essenza della vita politica di Roma antica nell’età repubblicana
Parte integrante del progetto La Roma della Repubblica. Il racconto dell’Archeologia, la mostra Cursus honorum. Il governo di Roma prima di Cesare, ospitata ai Musei Capitolini, Palazzo dei Conservatori dal 24 marzo al 2 ottobre 2022, è incentrata sulle cariche pubbliche dei magistrati di età repubblicana, il cursus honorum, aspetto fondamentale della vita politica di Roma antica. Il progetto espositivo è promosso da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è curato da Claudio Parisi Presicce e Isabella Damiani. Organizzazione di Zètema Progetto Cultura.

Protagonisti di questo racconto sono cinque personaggi anonimi raffigurati da altrettante statue che fungono da narratori di eccezione: quattro sono figure maschili a cui si aggiunge una voce diversa, una figura femminile, che rappresenta una realtà altrimenti assente in una società inevitabilmente dominata dagli uomini. Il loro compito è avvicinare il pubblico a monumenti di valore storico e simbolico che celebrano memorabili imprese belliche, insieme ad altri che ci illustrano ruoli legati all’amministrazione della città e alla costruzione del prestigio sociale degli individui e delle loro famiglie.
Con l’aiuto di queste guide particolari, ai visitatori saranno ricordati episodi di guerra e conquiste che segnarono tappe fondamentali nella storia dell’espansione di Roma: esempio di spicco è la prima vittoria navale sui Cartaginesi nelle acque di Milazzo, ricordata dalla Colonna Rostrata eretta in onore del console Gaio Duilio. Questo e altri eventi sono narrati da tre statuae ritratto di travertino della metà del I secolo a.C., già a Villa Celimontana, che vestono il pallio, ossia il mantello che si indossava sulla tunica. Lo ius imaginum, ossia il diritto di conservare in casa i ritratti degli antenati da esibire durante i funerali e in particolari occasioni pubbliche, inizialmente esclusivo del patriziato ed esteso nel IV secolo a.C. anche ai plebei quando ebbero accesso alle cariche pubbliche, è invece narrato dal famoso “Togato Barberini” (dal nome della collezione di provenienza). La maestosa statua in marmo, databile al primo quarto del I secolo d.C., costituisce una testimonianza unica del sistema di autolegittimazione che le famiglie che detenevano il potere mettevano in atto, utilizzando la fama e il prestigio degli avi. La voce che anima la figura femminile, parte di un Gruppo funerario con fanciulla, realizzato in marmo lunense e databile alla metà circa del I secolo a.C., introduce infine ai monumenti funerari, in particolare ai sarcofagi provenienti dal sepolcro della gens Cornelia, rara testimonianza archeologica di una tomba gentilizia di età repubblicana. L’esibizione, lungo le strade che uscivano da Roma, delle architetture e delle pitture dei sepolcri gentilizi costituivano un altro elemento di ostentazione del potere acquisito. Nella mostra si dà conto, inoltre, delle caratteristiche delle magistrature romane: collegiali, e di durata limitata, in prevalenza annuale. I magistrati superiori – consoli, pretori, censori – erano eletti dai cittadini ripartiti in base al censo, riuniti nei comizi centuriati e contraddistinti da speciali attributi come la sedia curule, i fasci (simboli del potere coercitivo) e una speciale toga bordata. Erano i soli a poter celebrare il trionfo.


I magistrati minori – questori, edili – erano eletti dai cittadini ripartiti per tribù, riuniti nei comizi tributi. L’ordine di successione delle cariche fu stabilito nel II secolo a.C. con una legge che specificava anche l’età minima dei candidati e il tempo che doveva trascorrere tra una magistratura e la successiva. Le tappe, in ordine ascendente, erano: questura, tribunato, edilità, pretura, consolato e censura, a cui va aggiunta l’investitura temporanea ed eccezionale della dittatura. Con l’avvento della Repubblica i poteri, in precedenza concentrati nella figura del re, erano stati distribuiti tra il pontefice massimo, cui spettavano le principali prerogative religiose, e i consoli, coppia di magistrati con competenze civili e comando militare. Per accedere al cursus honorum erano necessari, oltre a un censo minimo, fama e prestigio degli antenati: chi non apparteneva a poche illustri famiglie era un “uomo nuovo”. Le regole di ingresso alle magistrature e l’articolazione delle cariche subirono modificazioni nel tempo: l’accesso alle magistrature principali (consolato), inizialmente limitato ai membri delle famiglie patrizie, nel IV secolo a.C. fu esteso ai plebei. Con il progressivo aumento della potenza di Roma, si istituirono altre magistrature elettive con competenze circoscritte.


La mostra si avvale in modo esclusivo di opere pertinenti alle collezioni capitoline, in parte provenienti dall’esposizione permanente della Centrale Montemartini, in parte solitamente non esposte. È stata questa – secondo un intento che la Direzione Musei Capitolini e musei archeologici persegue con l’organizzazione di mostre basate su materiali delle proprie collezioni – una nuova occasione per procedere con attività di conservazione, restauro e valorizzazione del ricchissimo patrimonio che occorre sempre più rendere accessibile al pubblico.
È all’interno di questo quadro che si è proceduto con un allestimento multimediale, coinvolgente, volto ad avvicinare i visitatori ad argomenti complessi e a particolari monumenti; si pensi ai documenti epigrafici, importantissime fonti storiche dirette di non immediata lettura. L’esposizione si colloca, infine, come ideale trait-d’union tra la videoinstallazione L’eredità di Cesare e la conquista del tempo, visibile nella Sala della Lupa e dei Fasti Antichi del Palazzo dei Conservatori e l’esposizione Roma della Repubblica. Il racconto dell’Archeologia, di prossima realizzazione ai Musei Capitolini, Palazzo Caffarelli.

Flash News

Diversi alimenti comunemente consumati sulle nostre tavole come pasta, riso, carote, patate e manzo, se cotti in acqua contaminata da PFAS (composti per- e poli-fluoroalchilici), possono diventare a loro volta una fonte di questi pericolosi inquinanti. Lo rivela un’indagine di laboratorio preliminare condotta da Greenpeace Italia e CNR-IRSA, secondo cui la presenza di PFAS negli alimenti cotti in acqua contaminata può essere decine di volte superiore rispetto agli alimenti crudi.

Negli esperimenti realizzati da Greenpeace Italia e CNR-IRSA sono stati lessate porzioni di pasta, riso, carote, patate e manzo in acqua contaminata da PFAS proveniente dal pozzo di una famiglia di Lonigo (Vicenza) che, per decenni e fino alla primavera 2023, ha usato quest’acqua come unica fonte. La storia della famiglia è stata raccontata da Greenpeace nei mesi scorsi.

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