Vic Clement-James Thiérrée, celebre artista e funambolo, scompare misteriosamente lasciando le due donne che l’anno amato. La prima, Lise-Marina Hands, è una filmmaker, la seconda Alexandra-Maya Sansa - la brava attrice italiana “emigrata” in Francia in cerca di lavori degni delle sue qualità di performer – è un medico canadese. Un menage a tris, diviso tra due donne e un fantasma o un morto, è l’opera filmica di Claude Miller - regista con trent’anni di carriera e allievo di Truffaut – che conquista il Marc’Aurelio Gran Jury Award alla sesta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma.
Il figlio di Victoria Chaplin, presta il volto e il corpo a quest'uomo la cui identità si è frantumata come in un prisma, in una serie di flashback che lo ritraggono sul palcoscenico e nei diversi frammenti della sua vita, accanto alle due donne che ha amato. È un disagio oscuro il suo, una depressione preannunciata. Vic è un performer teatrale dal talento enorme, con molti problemi di tenuta mentale. Crisi di panico, alterazione emotiva, euforia e rabbia, gioco e tristezza, tutto senza soluzione di continuità, al punto che l’uomo amato dalla due donne sembra l’uno l’opposto dell’altro, a cominciare in modo evidente dal suo nome: Vic per Lise, Clement per Alexandra.
Claude Miller prova a riannodare i fili spezzati di una storia d'amore e di anime, conducendo lo spettatore dentro un viaggio di dolore: viaggio anche reale per Lize, “solo” interiore per Alexandra. Un dolore che coinvolge i tre protagonisti, facendoci sentire quello estremo di Vic attraverso l’effetto devastante prodotto sulle due donne. Il regista esige molto dalla prova dei suoi attori e lo fa in modo diverso: la recitazione di Thierrée è molto fisica, la Sansa è portata ad una interpretazione molto trattenuta, la Hands rappresenta il punto di contatto tra i due estremi. Il risultato è dato dai preziosi accenni di verità suggeriti e sottolineati dalle immagini, tanto da allontanare ogni tipo di cliché.
Sono chiari i binomi classici di amore e morte, amore e dolore, arte e vita – specie per una storia di artista maledetto - tutti racchiusi dentro Vic, i cui segni dolorosi sono però evidenti nelle sue due compagne di vita. Un'atmosfera sospesa, di ghiaccio, sepolta dalla neve è lo sfondo per montare tre esistenze inconciliabili, tra le quali la vita di Vic è quella che scivola via inesorabile, una scomparsa preannunciata da gesti decisivi del suo passato – il rapporto col padre, ad es. Se il pianto finale di Alex è catartico e lascia cadere definitivamente la maschera indossata dalla giovane, il suo l'avvicinamento con Lise può forse rappresentare un nuovo inizio per entrambe, che non nasce dal superamento del dolore, non dalle risposte che nessuna delle due ha trovato ma dell’elaborazione minuziosa e faticosa, grazie proprio al loro incontro, di un dolore tanto grande.
Margherita Lamesta