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Un cuento chino – un racconto cinese

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Bottino doppio – Marc’Aurelio d’oro e Premio del pubblico BNL – per Un cuento chino di Sebastiàn Borensztein, “…una commedia al limite del surreale, dai colori vivaci e i dialoghi brillanti…”. Il film tratta di due solitudini che s’incontrano e si salvano a vicenda: una volontaria, quella di Roberto-Ricardo Darín, e l’altra capitata per un destino beffardo, quella di Jun- Huang Sheng Huang. Tanto scorbutico, misantropo, alienato il primo, quanto timido e dolcissimo il giovane cinese. Niente in comune, non una parola di comunicazione – nessuno dei due parla la lingua dell’altro - eppure, anche se forzatamente ognuno a suo modo entra nell’universo dell’altro e ne diventa l’unica ancora di salvezza. Monotonia quotidiana, sguardo fisso e sornione ma rivelatore di una bontà d’animo nascosta a tutti i costi, tendenza al monologo, Roberto è l’incarnazione dell’esilio volontario.

 

Brillante parabola sull'universale bisogno dell'altro, questo è un film mordace anche nei confronti della società argentina ma non sfocia nella satira sociale, restando una commedia umana che gioca continuamente di scarto tra azione e reazione, attraverso l’incomprensione linguistica. Roberto è un presenza magnetica, pur essendo allergico e refrattario alla vita è capace di elevare le beffe del destino, trasformando la scoperta dell’altro – sia pur forzata - in un racconto allegorico, che raggiunge punte di divertito surrealismo, quando vive in prima persona le notizie più incredibili dal mondo, ritagliate meticolosamente dai fogli di giornale – unico passatempo di un’esistenza ossessionata da ferree regolette imposte da se stesso.

Entrambi i nostri eroi sono vittime di un passato tragico e giungeranno a trarre vantaggio dal loro incontro, sia pur per vie opposte. Per Roberto il caso esiste ed impera nell’evolversi dell’esistenza umana – ne sono prova tutti i racconti ritagliati - mentre per Jun nulla accade fortuitamente, riferendosi alla stessa prova addotta da Roberto. Tra i racconti assurdi ritagliati da Roberto, infatti, c’è proprio quello che riguarda Jun: una mucca piove dal cielo, scaraventata da un velivolo in difficoltà, e, inabissando una barchetta, si schianta su una ragazza prossima ai fiori d'arancio, uccidendola. In finale, pur inseguendo l’assurdo si può scoprire un senso, dietro il quale si cela il bisogno naturale dell’altro, che l’essere umano custodisce dentro il proprio dna. Certamente una vittoria meritata.

 

 

Margherita Lamesta

Flash News

Nonostante l’ultimo rapporto CITES (la Convenzione internazionale sulle specie minacciate di estinzione) sullo stato degli elefanti e del commercio di avorio (presentato la scorsa settimana) riveli per il quinto anno consecutivo una leggera flessione dell’incidenza del bracconaggio sugli elefanti in Africa la popolazione di questi pachidermi continua ad essere in declino. Secondo l’IUCN negli ultimi 10 anni la popolazione è diminuita di 111.000 esemplari in tutta l’Africa.
Le cause sono appunto il bracconaggio - che continua a far strage di elefanti - la distruzione dell’habitat e la rapida espansione degli insediamenti e delle attività umane nei territori frequentati dagli elefanti, sia nelle savane sia nelle foreste. Secondo la relazione della CITES sono anche in aumento gli elefanti uccisi illegalmente perché in conflitto con le attività umane, come, ad esempio, l’agricoltura: proprio questo fattore, se non adeguatamente gestito, rischia di diventare determinante per il futuro degli elefanti visto che il continente africano è infatti interessato da un’intesa e rapida crescita demografica (Oggi l’Africa ha raggiunto oltre 1 miliardo e 250 milioni di abitanti e le Nazioni Unite prevedono che nel 2050 nel Continente Nero vi saranno oltre 2,5 miliardi di persone).. Il rapporto della CITES evidenzia anche come rimanga elevatissimo il commercio illegale di avorio, principale causa di bracconaggio agli elefanti: per il sesto anno consecutivo infatti si registrano cifre record rispetto al numero dei sequestri e alla quantità del materiale sequestrato. Secondo la CITES il peso dell’avorio sequestrato nel 2016 è sette volte superiore a quello sequestrato nel 2007.

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