Anno 2 Numero 82 Mercoledì 29.10.03 |
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Direttore Responsabile Guido Donati |
Istituto
Dermatologico San Gallicano problema delle Mutilazioni Genitali Femminili e sui riferimenti normativi attuali: Scheda sintetica Dati recenti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità evidenziano che ogni anno circa due milioni di bambine e donne vengono sottoposte a mutilazioni genitali in almeno 28 Paesi del continente asiatico e africano. In Italia negli ultimi trent'anni, favorito dai ricongiungimenti. familiari, si è avuto un accrescimento del numero di immigrati provenienti da aree geografiche con tradizioni e cultura profondamente diverse dalla nostra; essi tendenzialmente tendono a mantenere gli usi e i costumi della società di origine in modo particolare per quello che riguarda l'educazione dei figli e la figura della donna nel contesto familiare e sociale. Ciò ha trasformato il nostro Paese in una società multietnica, multiculturale e multirazziale in cui sono sorte nuove problematiche di varia natura: sociale e culturale, medica, etica e giuridica. Si calcola che questa pratica, frequente soprattutto in Africa, abbia colpito circa 120 milioni di donne. Dalle ultime statistiche circa la popolazione femminile immigrata ufficialmente presente in Italia risulta che oltre 45.000 donne (Ministero dell'Interno - 2000) provengono da territori a tradizione escissoria (Somalia, Nigeria, Ghana, Etiopia, Emirati Arabi, Costa d'Avorio, Yemen, Oman, Malaisia e Pakistan) e tra queste circa 4000 sono bambine già infibulate o a rischio di mutilazione. Tra queste pratiche quella che principalmente fa inorridire è l'infibulazione, la più crudele delle tre tipologie che caratterizzano le mutilazioni genitali femminili, in quanto prevede la cucitura della vulva con rimozione del clitoride e delle labbra adiacenti, maggiori e minori. Essa di solito è effettuata in età precoce, intorno ai 3 anni. Va sottolineato inoltre che la mutilazione dei genitali è di solito effettuata in condizioni non igieniche, con strumenti affilati, di uso comune (lamette da barba, forbici, coltelli da cucina), e non vengono adottate per lo più tecniche antisettiche né l'anestesia; per cui la mutilazione provoca oltre al dolore intenso durante l'operazione, anche conseguenze severe come la frattura della clavicola, del femore o dell'omero, dell'anca causate dalla pressione con cui si tenta di tenere ferma la bambina, frequenti emorragie e talora il sopraggiungere della setticemia che spesso porta la bambina alla morte. Frequenti poi sono gravi alterazioni dello stato psicologico, infertilità e complicanze di ordine ostetrico in caso di gravidanza con severe ripercussioni durante, il parto. Bisogna comunque tenere presente che le mutilazioni genitali femminili sono praticate in popolazioni e da donne che vi credono fortemente e non vengono percepite nel senso di perdita di una parte del corpo, ma al contrario si configurano come un atto eseguito nell'interesse della donna, la cui non esecuzione comporterebbe una condanna sociale all'interno della stessa comunità: p.es. una madre sottopone la figlia minore a questa pratica che, benché crudele, è necessaria affinché la bambina sia integrata nella cultura cui appartiene. Quindi è necessario agire in modo di superare questa pratica attraverso una corretta mediazione culturale che deve essere estremamente dolce, non costrittiva; bisogna far comprendere come tali pratiche siano dannose a livello sanitario, psicologico, etico e sociale. Questi gruppi di popolazione devono essere aiutati a sublimare queste pratiche ed a trasformarle simbolicamente. Non è più differibile la adozione di norme tese alla prevenzione e al divieto di tali mutilazioni e in particolare modo dell'infibulazione. Nel nostro Paese tale pratica, se denunciata dal medico a cui viene richiesto di praticarla, è considerata come lesione personale gravissima (articoli 582 - 583 del codice penale) e quindi perseguibile. Spesso però viene praticata da persone senza scrupoli a cui le famiglie delle minori si rivolgono dopo aver ricevuto il rifiuto a tale pratica da parte delle strutture sanitarie che non hanno, al momento, esperienza adeguata ad affrontare un'assistenza alle bambine e alle donne che hanno subito questa grave mutilazione genitale e sono chiamate ad intervenire solo in caso di comparsa di complicanze. Il nostro Comitato Nazionale di Bioetica afferma che la pratica escissoria benché "profondamente radicata culturalmente, richiesta ed esigita anche dalle adolescenti non può essere ritenuta eticamente accettabile sotto ogni profilo e deve essere quindi combattuta e proscritta anche con l'introduzione di nuove norme di carattere penale" Anche il Parlamento Europeo nel settembre 2001 ha riaffermato che "le mutilazioni genitali femminili costituiscono una gravissima lesione della salute fisica, mentale e riproduttiva delle donne e delle bambine, che nessuna motivazione culturale o religiosa può giustificare; costituiscono inoltre una violazione dei diritti umani dei bambini e delle donne sanciti da varie Convenzioni internazionali e che sono fra i principi base dell'Unione Europea in quanto spazio di sicurezza, di libertà e di giustizia" invitando gli stati membri a considerare le MGF come reato all'integrità della persona. L'articolo 50 del Codice di Deontologia Medica - "È vietato al medico di praticare qualsiasi forma di mutilazione sessuale femminile" - vieta senza alcun dubbio tali interventi. |
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