Anno 2 Numero 85-86 Suppl.

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Una mappa dell'avanzata dell'HIV/AIDS nell'Africa rurale. Un nuovo studio FAO esamina le molteplici conseguenze della malattia

 www.fao.org

Roma, 1 dicembre 2003 - L'avanzata costante dell'HIV/AIDS sta disintegrando in Africa i nuclei familiari, facendoli precipitare nella povertà e nella fame, ha affermato oggi la FAO, Organizzazione dell'ONU per l'Alimentazione e l'Agricoltura.

Una recente ricerca condotta dalla FAO tra alcune comunità rurali dell'Africa sub-sahariana pesantemente colpite dalla malattia, mostra quanto siano complessi gli effetti della epidemia sulle comunità rurali e sulla loro possibilità di continuare a guadagnarsi da vivere. L'AIDS ha fatto aumentare i livelli d'indebitamento delle famiglie, ha costretto i bambini ad abbandonare la scuola, ha sconvolto tecniche di coltivazione ed abitudini alimentari.

"L'HIV/AIDS colpisce indiscriminatamente, ma le comunità e le famiglie rurali più povere sono sempre quelle che ne subiscono più pesantemente le conseguenze", ha affermato Sissel Ekaas, Direttrice della Divisione FAO per le Pari Opportunità.

"Per le donne che hanno perduto il marito a causa dell'AIDS, la malattia può comportare perdere anche tutto il resto - proprietà, terra, strumenti agricoli, bestiame, e di fatto mina la capacità di guadagnare un reddito e di coltivare prodotti per il sostentamento proprio e dei figli o degli orfani di cui si stanno già occupando", ha aggiunto la Ekaas.

Secondo i dati delle Nazioni Unite sono circa 7 milioni i lavoratori del settore agricolo che sono morti di AIDS nei 25 paesi più colpiti dal 1985 ad oggi. Ed altri 16 milioni potrebbero morire entro il 2020. I paesi africani dove più alta è l'incidenza di nuovi casi, potrebbero perdere sino al 26 per cento della loro forza lavoro agricola.

Le donne perdono tutto

La FAO ha svolto un'ampia ricerca, di tipo quantitativo e qualitativo, in tre paesi dell'Africa sub-sahariana, riuscendo a coprire circa 2000 famiglie. Lo studio, finanziato dal Governo norvegese, ha evidenziato la necessità di proteggere i diritti di proprietà per i nuclei con donne o ragazzi capo famiglia.

Le donne che hanno perduto il marito a causa dell'AIDS sono gravate doppiamente dai costi del funerale e dal rischio di perdere i propri beni. A seguito della morte del coniuge, le statistiche mostrano che i nuclei con a capo famiglia vedove, nel 44 per cento dei casi hanno perso il bestiame, che rappresenta al tempo stesso una riserva di ricchezza ed un simbolo di status sociale, nel 41 per cento hanno perso anche l'attrezzatura agricola, in alcuni casi a vantaggio della famiglia del marito.

Lo studio individua anche le disuguaglianza create dall'HIV/AIDS, che impedisce a gruppi senza risorse di partecipare alle iniziative dello sviluppo.

Si è scoperto che nell'ambito delle politiche agricole nazionali che promuovono la commercializzazione dell'agricoltura, le famiglie che non hanno subito perdite a causa dell'AIDS sono riuscite ad incrementare la coltivazione di prodotti per l'esportazione, a differenza di quelle colpite che hanno invece ridotto tutte i tipi di coltivazione.

Ancora una volta i più vulnerabili sono i nuclei colpiti dall'HIV/AIDS con donne capofamiglia, che coltivano solo la metà dei nuclei con uomini capifamiglia, e che spesso perdono anche la terra, o perché forzati a vendere o semplicemente perché portata via dai parenti.

Lo studio esamina anche la distribuzione ineguale della ricchezza tra le famiglie con a capo un uomo e quelle con a capo una donna, a cui spesso si aggiunge un certo numero di orfani. L'epidemia di AIDS continua a lasciare infatti un enorme numero di bambini senza genitori.

Questi nuovi gruppi familiari hanno a volte le nonne rimaste le sole ad occuparsi dei bambini orfani, e con risorse sempre più limitate.

Un'ulteriore ricerca, finanziata dal Cooperazione allo Sviluppo dell'Irlanda, ha messo in luce come gli effetti devastanti si estendano a tutta la vita sociale. La partecipazione alle organizzazioni di base delle Comunità risulta molto ridotta, soprattutto alle cooperative rurali, per il poco tempo a disposizione e per l'isolamento e l'emarginazione in cui vivono. Le statistiche dicono che solo il 6 per cento dei nuclei con donne capofamiglia partecipano alle cooperative di contadini di contro al 31 per cento di quelli con uomini capofamiglia.

 

 

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