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Anno 2 Numero 85-86 Suppl.

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Aids, due parole d'ordine: educazione sessuale e  lotta contro la discriminazione 

 

di Guido Donati


1 dicembre 2003 - Oggi è la giornata dedicata all'Aids in cui si fa il punto di questa pandemia. Tutti i riflettori sono accesi sul problema. I media informano e danno i numeri di morti, malati e infettati. Cifre che freddamente ci scivolano addosso. Domani è un'altro giorno si parlerà di qualche altra catastrofe e si dimenticherà il problema.

 

Pochi si rendono conto che una popolazione di 40 milioni di persone è stata infettata dall'HIV e che molti moriranno nei prossimi anni. Forse bisognerebbe pensare a questo problema ogni giorno e riposarsi un giorno all'anno pensando ad altro. Ciò non solo per loro ma anche egoisticamente per noi e per i nostri figli.

 

A cosa serve avere enormi risorse per la prevenzione e la cura delle malattie sessualmente trasmesse se poi non si fa nulla per evitarle e curarle. Dobbiamo pensare in modo globale. Le malattie non si fermano alle frontiere, la pandemia di sifilide che giunse fino ai giorni nostri non fece distinzione né di razza né di ceto sociale, portò il terrore nelle case e modificò i costumi di intere generazioni. Nello stesso modo l'Aids stà falcidiando intere popolazioni.

 

Le campagne di prevenzione e di educazione sono la principale arma contro questa e le altre malattie sessualmente trasmesse. Dobbiamo dare gli strumenti ai giovani per difendersi spiegare che il profilattico è l'unica arma per difendersi. Questo è l'unico metodo che permette di vivere la sessualità, anche se non è sicuro al 100% perchè il condom si può rompere o può essere utilizzato in modo errato.

 

Inoltre non vi debbono essere discriminazioni sociali nei riguardi delle persone infettate o malate esse vanno rispettate ed aiutate ad affrontare la malattia. La discriminazione non solo è una pratica orrenda ma fa si che le persone colpite non possano renderne partecipi gli altri creando anche delle possibili situazioni di rischio di contagio. In tal senso, ancora una volta, la storia della sifilide insegna. La discriminazione, la repressione e le persecuzioni che furono adottate nei confronti dei malati fece si che la patologia sfuggì completamente di mano e le autorità sanitarie non seppero mai quante persone fossero realmente infettate.

 

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