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“Aquastress”. Ne soffre l’Europa, a corto di risorse idriche
Cambiamento culturale, ritorno a modelli del passato, sistema meno
centralizzato nella gestione delle acque e partecipazione delle
comunità nella scelta degli interventi strutturali. Sono i punti più
innovativi di 'Aquastress' progetto europeo coordinato dall’Istituto
di ricerca sulle acque (Irsa) del Cnr.
Carenza quantitativa e qualitativa, cattiva gestione degli usi,
dispersione. Sono i problemi che “stressano” il patrimonio idrico
dell’Europa e del Bacino del Mediterraneo. Se le risorse ci sono,
vengono spesso adoperate indistintamente o rischiano di essere
contaminate da inquinanti, se sono scarse, lo sono altrettanto le
soluzioni messe in atto per catturare ed erogare razionalmente la
preziosa risorsa. Da questo quadro, a macchia di leopardo, emerge
che la soluzione sta nel creare modelli di gestione non generali, ma
“tagliati su misura” alle esigenze di ciascun territorio. E’ quanto
si propone di fare il Progetto integrato ‘Aquastress’, recentemente
approvato nell’ambito del 6° Programma Quadro della Unione Europea e
coordinato dall’Istituto di ricerca sulle acque (Irsa), che prenderà
l’avvio domani.
Per realizzare gli obiettivi di ‘Aquastress’ è stato costituito un
consorzio coordinato dall’Irsa -Cnr, composto da 35 partners (14
Università, 14 Istituti di ricerca e 5 Pmi) provenienti da 17 Paesi
(15 europei e 2 Nord africani). “Il progetto introduce per la prima
volta, nella complessità degli argomenti trattati, l’idea della
necessità di un cambiamento culturale nell’approccio a questa
risorsa” spiega Giuseppe Giuliano dell’Irsa. “E i suggerimenti
vengono anche dal passato, soprattutto dalle tradizioni locali:
pensiamo all’approvvigionamento di acqua piovana per l’irrigazione,
al riutilizzo di quella usata in agricoltura, alla turnazione delle
colture meno idroesigenti. A fronte di questo atteggiamento più
oculato e razionale nei confronti del bene idrico, occorre
coinvolgere tutte le comunità territoriali nella scelta degli
interventi, scelta che oggi invece è troppo centralizzata. Chi
meglio della popolazione locale è in grado di valutare l’impatto di
certe infrastrutture sull’ambiente, sull’economia e, più in
generale, sul quotidiano? “Aquastress” propone, dunque, una gestione
delle acque allargata alla comunità e a tutti gli operatori. I
partner internazionali coinvolti potranno contare su metodologie
multidisciplinari e integrate, elaborate dal consorzio, per la
diagnosi e la soluzione delle situazioni di criticità”.
Il progetto, finanziato dalla UE con uno stanziamento pari a 10,3
milioni di euro, avrà durata quadriennale e si concentrerà su alcuni
casi di studio relativi a diversi settori: idropotabile,
industriale, agricolo e ambientale. Saranno scelti 8 siti
sperimentali localizzati in Europa occidentale, orientale e
meridionale e vagliati tutti i dati disponibili. “A questo punto”
prosegue Giuliano “si verificheranno gli interventi già effettuati e
si esamineranno gli eventuali motivi del loro insuccesso. I rimedi
gestionali saranno presi sulla base di situazioni reali e
interfacciandosi con i gestori e le popolazioni attraverso forum
locali”.
Uno dei siti sperimentali è costituito dal bacino del
Flumendosa-Mulargia, in Sardegna, che presenta le tipiche condizioni
climatiche mediterranee, con rilevanti problematiche legate alla
scarsità e alla qualità delle acque, in un quadro di usi fortemente
conflittuali e di insufficienza infrastrutturale. “Il Progetto”
conclude Giuliano “oltre ai risultati di carattere scientifico,
dovrà fornire un contributo specifico all’implementazione della
Direttiva Quadro sull’Acqua e del Programma ‘EU Water Initiative’
redigendo linee guida per l’applicazione d’indirizzi gestionali”.
www.cnr.it
Roma, 2 febbraio 2005
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