Anno 2 Numero 090 Mercoledì 24.12.03 

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

CESIA         ITALIA NOSTRA      LEGAMBIENTE
COMITATO PER LA BELLEZZA       WWF ITALIA
 

I QUATTRO VIZI CAPITALI DEL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA

Le associazioni ricorrono al TAR contro il Ponte sullo Stretto
e presentano un bilancio di fine anno in nero sulle opere pubbliche

Violazione della normativa in tema di tutela dell’ambiente, con gravi carenze nella Valutazione di impatto ambientale e nella normativa sui lavori pubblici; gravi carenze del progetto in tema di studi sismici e di geotettonica, pesantissimi dubbi sulla sostenibilità economica del ponte, gravi errori procedurali e mancato coinvolgimento dei comuni interessati. Questi in sintesi i motivi per i quali le associazioni ambientaliste Comitato per la Bellezza, Italia Nostra, Legambiente, WWF e CESIA hanno presentato ricorso al TAR chiedendo l’annullamento della Delibera CIPE che, in data 1 agosto 2003, ha approvato il progetto preliminare per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina.

Le Associazioni Ambientaliste ritengono che il Ponte sullo Stretto, in quanto opera simbolo per eccellenza, rappresenti anche una battaglia simbolo visto l’enorme numero di aspetti critici che tutta la questione presenta. Ma quanto avvenuto per il ponte non è un caso singolo ed isolato. Le Associazioni ambientaliste hanno infatti citato anche gli esempi del MOSE di Venezia (opera inaugurata dal Presidente Berlusconi nel maggio di quest’anno senza che neppure ci fosse un progetto esecutivo e senza una valutazione d’impatto ambientale positiva sul progetto preliminare) e del Passante di Mestre (opera condivisa dagli ambientalisti ma in via di realizzazione nella peggiore ipotesi progettuale, cioè un raccordo autostradale di 32 km che cambierà la funzione agricola di migliaia di ettari). Citato anche il caso dell’autostrada tirrenica che ha visto Governo e Regione toscana rinunciare al progetto ANAS di sistemazione in sede dell’attuale statale Aurelia e scegliere il tracciato autostradale costiero certamente più oneroso ed impattante.

Quattro i “vizi capitali” del Progetto Ponte di Messina individuati dalle associazioni ambientaliste, ed esposti nel corso di una conferenza stampa a Roma alla quale hanno preso parte l’avvocato Vincenzo Cerulli Irelli (curatore del ricorso), Gaetano Benedetto (Segretario aggiunto del WWF-Italia), Roberto Della Seta (Presidente di Legambiente), Gaia Pallottino (Segretario Nazionale di Italia Nostra), Antonio Tamburrino (CESIA- Centro Studi e Iniziative per l’Ambiente). All’incontro hanno partecipato la senatrice dei Verdi Anna Donati e Vittorio Emiliani, per il Comitato per la bellezza.

1) Violazione della normativa in tema di tutela dell’ambiente, dei beni culturali e di procedura di impatto ambientale: la valutazione di impatto ambientale non ha considerato le possibili alternative, sino all’”opzione zero”, lo studio di impatto ambientale era carente sotto diversi aspetti. Inoltre la procedura di VIA è stata condotta in violazione del principio di trasparenza e di pubblicità, il Ministero dei Beni Culturali non si è espresso, non è stata condotta la valutazione ambientale strategica.

2) Carenze del progetto preliminare, in relazione alla normativa sui lavori pubblici: il progetto non ha considerato le possibili alternative progettuali, realizzative e tecnologiche; le dimensioni dell’opera non rispondono a effettive esigenze espresse dalle collettività locali e da quella nazionale; non è stata dimostrata la fattibilità tecnica dell’opera, in quanto il progetto presenta gravi carenze, ad esempio, in tema di studi sismici e di geotettonica.

3) Illegittimità legate agli aspetti economici e funzionali del ponte: la realizzazione dell’opera non viene giustificata né in relazione alle esigenze di trasporto né in relazione a uno sviluppo strutturale delle regioni interessate. La sostenibilità economica non è in alcun modo dimostrata.

4) Mancato coinvolgimento dei comuni interessati dall’opera, che non sono stati messi in grado di esprimere il loro parere sul progetto preliminare, con conseguenze sulle pianificazioni urbanistiche dei comuni coinvolti.

Si tratta di un’opera di inusitate dimensioni che per le modalità tecniche nelle quali è stata concepita – unica campata di metri 3.300, larghezza di m. 60,4 e torri a terra alte m. 183 – unica al mondo. Il progetto è stato elaborato dalla società Stretto di Messina molti anni fa, prescegliendo una soluzione tecnica tra le altre possibili e prospettate, senza sufficiente ponderazione tra le diverse alternative e senza adeguato approfondimento della stessa fattibilità tecnica della soluzione selezionata, in un ambiente sottoposto a molteplici sollecitazioni di carattere naturale, sismico, idrogeologico.

Dal punto di vista ambientale, il progetto elaborato dalla Stretto di Messina s.p.a. presentava una serie di difetti del tutto insuperabili, puntualmente illustrati alla Commissione competente dalle Associazioni ambientaliste. Si tratta della mancanza nello studio di impatto ambientale dei requisiti minimi richiesti dalla norme; della carente informazione al pubblico, della non rispondenza del progetto ai requisiti prescritti dalla normative in tema di lavori pubblici della carenza di studi geologici, sismici e sulla falda idrica. Ma la Commissione ha ignorato questi rilievi e, con un atto contraddittorio, si è espressa positivamente sulla valutazione di impatto ambientale in data 20 giugno 2003.

Le associazioni ricordano che il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali si è espresso con un atto sostanzialmente negativo in data 29 luglio 2003, dichiarando di non potere esprimere alcuna valutazione positiva, fino a quando il Ministero non “ … sarà messo in condizione di conoscere i dettagli degli studi effettuati posti a base delle scelte assunte, delle caratteristiche di tutte le nuove opere e degli interventi compensativi sugli squilibri indotti nel paesaggio".

Nel corso dell’incontro le associazioni ambientaliste hanno anche denunciato l’improprio utilizzo delle procedure di Protezione civile (con la nomina di Commissari straordinari che operano in regime di deroga dalle leggi ordinarie) ormai applicato a molteplici interventi sul territorio, per giustificare opere come il Passante di Mestre, la cartiera di Tolmezzo o lo stoccaggio di scorie nucleari. Inoltre si è fatto il punto sulla Legge Obiettivo e in particolare sulla procedura VIA delle opere strategiche, per commentare le recenti decisioni relative all’autostrada tirrenica (Aurelia). Nella conferenza, tra l’altro, i casi della cartiera Burgo di Tolmezzo (e della pronuncia del TAR Friuli che ha sostenuto la non validità del commissariamento), i casi dei laboratori del Gran Sasso, quello del Passante di Mestre, quello per la gestione del Traffico di Messina e Villa San Giovanni (preludio di un commissariamento per il Ponte sullo Stretto?), quello per la gestione delle scorie nucleari, quello per le manifestazioni legate alla beatificazione di Padre Pio.

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