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Associazione per i diritti degli
utenti e consumatori
Fecondazione assistita. Il modello britannico ci salverā, anche
giuridicamente?
Firenze, 21 Gennaio 2004. La presidente dell'Autorita' Britannica per la
Fecondazione Umana e gli embrioni (Hfea), Suzi Leather, ha presentato oggi
una sua proposta di legge per far si' che, nelle pratiche di fecondazione
assistita, sia abolita' la "necessita' che un bimbo abbia un padre".
Parlando alla conferenza annuale dell'Hfea, ha detto: "E' assolutamente
chiaro che, se si pensa ai cambiamenti della societa' e ai diversi modi in
cui una famiglia puo' essere costituita, l'attuale norma e' anacronistica".
Questo significa che la decisione di una gravidanza spettera' esclusivamente
alla donna che decidera' di provare il trattamento di fecondazione
assistita.
Il nostro pensiero non puo' non andare alla legge italiana sulla
fecondazione assistita, quasi licenziata dal Parlamento (si attendono alcuni
aspetti formali da parte della Camera), dove l'unica forma di fecondazione
ammessa e' quella all'interno della stessa coppia eterologa, con anche
scarse possibilita' di successo perche' i tentativi sono limitati all'uso di
tre embrioni che, tra l'altro, in caso di interruzione forzata del
trattamento, non possono neanche essere crioconservati. Cioe' quasi il
nulla.
Ma la nostra frustrazione di vivere in un Paese che fa simili leggi, va
anche oltre. Perche' se pensiamo alle limpide e lucide motivazioni addotte
dalla Leather, ci prende anche lo sconforto. Da una parte -Gran Bretagna-
abbiamo un sistema politico e legislativo che si adegua alle mutate e nuove
esigenze della vita quotidiana; dall'altro abbiamo il nostro Paese che fa
un'operazione perfettamente al contrario dei britannici, cioe' dalla
situazione di sostanziale liberta' di oggi (che i sostenitori della nuova
legge chiamano "Far West"), il sistema politico e legislativo fa si' che
siano i cittadini a doversi adeguare alle mutate e nuove esigenze della
classe politica dirigente. E se qualcuno mette in dubbio che sia cosi', vuol
dire che si e' solo ipocriti quando, per esempio, si riconosce che gli
omosessuali (donne in questo caso) abbiano gli stessi diritti di chi ha
altri gusti sessuali: cioe' sono cittadini di serie B.
Non e' un caso, infatti, che le leggi britanniche sono le piu' disponibili e
incentivanti, a livello mondiale, per la ricerca con le cellule staminali
embrionali. Mentre in Italia, proprio nella stessa legge sulla fecondazione
assistita, se ne sancisce il divieto assoluto. E che quest'ultimo debba
essere contenuto in una legge che parla di fecondazione assistita, la dice
lunga sui due argomenti che, scientificamente poco connessi, trovano una
stretta parentela li' dove all'articolo 1 si sostiene di voler assicurare "i
diritti di tutti i soggetti coinvolti, in particolare il concepito": un
monito per la vantata superiorita' di una impostazione ideologica -che
quindi e' il fine prioritario di questa legge, altroche' tutela della salute
e delle scelte- affermando la contraddizione e incongruenza di questa legge:
come puo' lo Stato assicurare un diritto ad un soggetto giuridicamente
inesistente?
Sono le bellezze del sistema Italia che, per il momento, credo che ce le
terremo ancora un po'.
Ma per fortuna un volo per Londra costa meno di un volo Roma/Milano, e il
Sistema Sanitario Britannico garantisce l'assistenza gratuita a chiunque
anche non britannico, pur con certe regole. Quando la proposta della
presidente dell'Hfea sara' legge, vedremo come e dove poterne usufruire. E
questo vale per la fecondazione assistita come per i primi esperimenti sugli
umani con le cellule staminali embrionali.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
www.aduc.it
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