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Ebrei, slavi, zingari, omosessuali, malati
e disabili: per i nazisti tutte “vite indegne di essere vissute”
Shoah, pianificazione di un massacro
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di Eleonora Gualterio e Isabella Roth
9 novembre 1938: assassinio del segretario dell’ambasciata tedesca a
Parigi, Ernst Von Rath.
Un pretesto per dare inizio al massacro di cinque milioni
cinquecentotrentaduemilacento ebrei. Tutto inizia quella notte, con
duecentosessantasette sinagoghe bruciate e più di ventimila ebrei
arrestati, durante la tristemente famosa “Kristallnacht”: la notte
dei cristalli.
Il termine olocausto, che nell’antica liturgia ebraica designava il
sacrificio levitico degli animali, è stato adottato dagli storici
per indicare lo sterminio del popolo ebraico compiuto dal regime
nazista durante la seconda guerra mondiale. Non fu un sacrificio,
bensì un massacro: la shoah.
Il primo obbiettivo dei nazisti, fino allo scoppio della guerra, era
di fare del Reich un territorio judenfrei.
I cinquecentoventimila ebrei, presenti in Germania nel 1933,
diventarono trecentocinquantamila cinque anni dopo a causa delle
condizioni di vita rese sempre più difficili daleggi oppressive. Ma
la strategia dell’emigrazione di massa non poteva più funzionare:
con l’annessione dell’Austria alla Germania, i nazisti si trovarono
a “dover gestire” anche i centonovantamila ebrei austriaci e nel ’40
i due milioni di cittadini polacchi di religione ebraica.
Con l’inizio della guerra il problema si era decisamente aggravato e
l’obbiettivo ormai era di rendere “ariana” non solo la Germania ma
tutta l’Europa.
Nasce così una nuova idea: deportare gli ebrei europei nei territori
polacchi occupati. La creazione dei ghetti appare la soluzione più
appropriata ma sempre transitoria, in attesa della fine della
guerra.
L’odio per il “diverso”, fondamento di ogni discriminazione, non si
accanì solo contro gli ebrei ma anche nei confronti di altri gruppi
sociali considerati inferiori dai nazisti. I popoli slavi – polacchi
e russi – i malati di mente, gli incurabili e i disabili per i quali
venne varato il progetto “T4” detto anche “progetto eutanasia” che
costò la vita settantamila cittadini tedeschi. Considerate “vite
indegne di essere vissute” erano anche quelle dei Sinti e dei Rom,
che a decine di migliaia furono uccisi e quelle degli omosessuali e
dei transessuali, contraddistinti nei campi di concentramento da un
triangolo rosa. Per questa violazione detta “paragrafo 75”, furono
uccisi settemila omosessuali tedeschi.
Contemporaneamente si dava avvio all’invasione dell’Unione
Sovietica. Gli ebrei russi erano quattro milioni. Impossibile
risolvere la questione ghettizzandoli tutti.
Furono create vere e proprie unità mobili di massacro: le “Einsatzgruppen”,
che all’avanzare delle truppe naziste, dal 22 giugno 1941,
iniziarono il sistematico rastrellamento, lasciando sul campo un
milione e cinquecentonila fucilati.
Tanta brutalità non poteva essere utilizzata apertamente anche per
gli ebrei occidentali. Conseguenza logica fu “la soluzione finale”,
l’annientamento fisico degli ebrei in campi di concentramento
predisposti nell’Europa dell’est. La realizzazione di questo piano
fu assegnata a Himmler e Heydrich.
Nei primi mesi del 1942 la shoah era stata pianificata,
concettualmente e tecnicamente.
Roma, 3 giugno 2004 |
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