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Anno 3 Numero 095

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Direttore Responsabile Guido Donati

 

Nel giorno della memoria parlano ebrei, zingari, disabili e omosessuali
Diversità è ricchezza
 

 

di Isabella Roth

 

Roma, 28 gennaio 2004 - Shoa, per non dimenticare. Da quattro anni si celebra il giorno della memoria, per ricordare un passato che ci è appartenuto affinché sia possibile comprendere il presente e far sì che il futuro sia migliore. La memoria trova il suo significato nella dimensione del tempo piuttosto che in quella dello spazio ed è attraverso la dimensione temporale che il nostro io trova la sua storia. L’orrore dello sterminio ritorna nelle parole di Primo Levi: “È avvenuto, quindi può avvenire di nuovo”.
Con queste parole la consigliera delegata alle politiche della multietnicità del comune di Roma, Franca Eckert Coen, ha introdotto il dibattito “Diversità è ricchezza”, uno di tanti appuntamenti dedicati alla giornata della memoria che si sono succeduti a Roma il 27 gennaio.
Alla conferenza hanno partecipato il professor Enzo Collotti, docente di storia presso l’università di Firenze, la professoressa Anna Rossi Doria (università Tor Vergata di Roma) e il professore Enzo Campelli (Università degli studi di Roma “La Sapienza”), coordinati dal professore Mario Toscano.
La Germania nazista fondò il suo credo aberrante sull’articolo 175 della legislazione nazionalsocialista che decretava la distruzione “delle vite che non meritano di essere vissute”, acquisito dal governo fascista con la promulgazione del codice Rocco. Le parole del professor Collotti si rivolgono principalmente alla complicità dell’Italia nella teoria della superiorità della razza ariana. L’Europa dei vinti, dopo il 1918, visse uno sconvolgimento politico-culturale che la portò verso la ricerca di una nuova identità; rinnegò il principio base di ogni governo democratico: la diversità di ogni uomo. Un detto ebraico ci insegna: “Ogni uomo è un mondo. Ogni differenza è un mondo. E tutti i mondi vanno rispettati.”
I campi di sterminio sono la logica conclusione di un processo iniziato dai nazisti già nel 1933, in cui l’Italia fu protagonista ben prima dell’8 settembre 1943, con la deportazione di centinaia di ebrei libici durante la campagna d’Africa e con il manifesto di Verona, durante la repubblica sociale, in cui si revocava la cittadinanza italiana agli ebrei.
Tutto ciò -conclude Collotti- deve essere attualizzato attraverso la consapevolezza che la destabilizzazione sociale che viviamo porta ad un inquinamento delle coscienze e trova nell’accusa del diverso, lo sfogo della paura per il futuro. Tutto ciò deve essere fatto affinché la giornata della memoria non diventi celebrazione di una ritualità privata del suo senso.
A queste parole si lega l’intervento della professoressa Rossi Doria. “L’eccesso di memoria può essere molto pericoloso. Occorre saper dare il giusto significato alle parole attraverso un’accurata ricostruzione storica di quanto è accaduto”. Deportazione non è solo sinonimo di milioni di ebrei imprigionati e uccisi ma anche di dissidenti e di internati militari che furono circa 650 mila. E ancora significa deportazione femminile e di minoranze etniche troppo spesso dimenticate. Si arriva alla teorizzazione di due guerre che, contemporaneamente, hanno combattuto ebrei e nazi-fascisti: la prima contro l’oblio durante la shoa e la seconda contro la memoria e l’esistenza dell’uomo.
Chi uccide un uomo uccide un mondo ed ogni uomo è portatore di unicità e di differenza. La categoria della diversità culturale mette in crisi il mondo democratico, cosmopolita ed illuminista. Enzo Campelli, sociologo, porta la discussione su una questione attuale. “Siamo ancora impegnati a capire quale sia il territorio della differenza costruttiva, quali siano i confini entro i quali si deve agire senza scadere nel concetto di esclusione dell’altro”. Cosa vuol dire differenza? Il diritto di non essere egoisti rispetto a esigenze di cooperazione? Di non isolarsi di fronte al bisogno di cooperazione? Di non essere antagonisti nel rispetto del bene comune? Non si può parlare di integrazione e di tolleranza: due concetti che contengono l’esistenza di una maggioranza. E non si può parlare di olocausto che porta nel suo significato il concetto di sacrificio. “Il dolore –conclude Campelli- deve esprimersi nella lingua di chi lo ha provato perché in quelle parole vive un universo semantico nato da quelle esperienze”.
A conclusione del dibattito sono intervenuti disabili, ebrei, omossessuali e zingari, “eredi” di chi fu perseguitato e ucciso perché diverso. L’onorevole Ileana Argentin, consigliera delegata del sindaco di Roma per i problemi dell’handicap, racconta la sua esperienza di disabile e afferma: “Diversità è ricchezza. È la nostra cultura che ha decretato l’esclusione di chi non si esprime all’interno di un contesto predefinito. Io e tanti altri amiamo in modo diverso, ma viviamo come gli altri”.

Sommarietto 1
Un detto ebraico insegna: “Ogni uomo è un mondo. Ogni differenza è un mondo. E tutti i mondi vanno rispettati.”

Sommarietto 2
Il dolore deve esprimersi nella lingua di chi lo ha provato perché in quelle parole vive un universo semantico.

 

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