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Anno 7 Numero 322

Direttore Responsabile Guido Donati

 

I Work songs  

 

di Marina Pinto


L’espressione work songs (canti di lavoro) si riferisce genericamente a tutta la musica nata al tempo della schiavitù nera, ossia quei canti che gli schiavi deportati dall’Africa intonavano durante il lavoro che svolgevano nel sud degli USA, in quel territorio sterminato che era diventato, loro malgrado, una sorta di nuova patria. 
I work songs parlavano di fatica, di umiliazioni, di persone ridotte in schiavitù e di tutta quella lunga e triste pagina della storia dell’Occidente che ben conosciamo, e, nella loro semplicità, essi assolvevano alla duplice funzione da una parte liberatoria e dall’altra come utile mezzo di scansione del ritmo del lavoro collettivo. La caratteristica principale di questi canti era nella ritmica regolare e cadenzata, che combinava la tradizione del patrimonio musicale africano con la metodicità dei movimenti del lavoro e la necessità di rendere meno pesante la giornata. 
Sono canti semplici, nati spontaneamente e senza accompagnamento strumentale, spesso anche in forma responsoriale, come una sorta di comunicazione fra i vari lavoratori, e i loro testi erano generalmente formati da frasi tratte dalla vita quotidiana e timide forme di preghiera tribale, divenendo così i primi mezzi di auto-aiuto che le comunità nere seppero dare a sé stesse, per poi mutarne il carattere con argomenti di protesta e di critica sociale con frasi riferite ad episodi di vita vissuta o a ricordi di un’esistenza che non c’era più.

Come esempio di work songs, prendiamo un canto composto in forma responsoriale intitolato “This old hammer”. Si tratta di un antico canto di lavoro riadattato per voci e strumenti e riarmonizzato secondo le regole accademiche, ed inizia con una introduzione ad libitum – come spesso accade in questo genere di musica – dove subito è evidenziato il ritmo sincopato e regolare del battere della mazza che scandisce tutto il brano in maniera quasi ossessiva, con il risultato di creare un clima pesante e disperato.

La tonalità iniziale di La minore dà subito un’idea di tristezza e dolore, ed il Tema è affidato al flauto contralto intercalato dagli altri strumenti. Nella seconda strofa il clima cambia, la tonalità modula al Re minore, ed il Tema viene eseguito dai flauti con l’accompagnamento di chitarra e tastiera, mentre la parte responsoriale è eseguita da una serie di flauti contralti, tenori e bassi. La terza strofa ripete il modello della seconda.

Ecco il testo del canto e di seguito la traduzione in italiano:

1. This old hammer, jumping hammer,
this old hammer, driving hammer
this old hammer, mean old hammer
killed poor John but it won't kill me.
2. Night is falling, all around us (3 volte)
Ain't no resting till judgment day.
3. Boss man's coming, hear him running (3 volte)
Boss man's coming, but he won't find me.

(1. Questa mazza che rimbalza, 
questa mazza che fracassa,
questa mazza che ti ammazza
schiacciò John ma non schiaccerà me.
2. Scende il buio tutto intorno (3 volte)
non c'è pace fino all'ultimo dì.
3. Ogni giorno viene il capo (3 volte)
vien di corsa, ma non troverà me).


Con la conversione degli chiavi al Cristianesimo ed al Protestantesimo da parte dei padri gesuiti e dei predicatori, i testi dei canti ebbero un nuovo riferimento nei versi della Bibbia, e nacquero così gli Spirituals e di seguito i Gospel, canti religiosi attraverso cui gli schiavi, pur sapendo di non poter mai ritornare ad essere uomini liberi, non cessavano comunque di proclamare il loro diritto ad esserlo. I testi di questi canti riferiscono di una preghiera accorata e profonda, e sono il simbolo della spiritualità del popolo afro-americano che mai dimentica il dolore del passato senza per questo smettere di sperare, e che prega per cercare aiuto e conforto.

Nel tempo la tradizione musicale nera si fece conoscere anche presso il mondo dei bianchi, tanto che nel 1781 un coro di studenti organizzò un concerto apposito per raccogliere fondi di cui necessitava la Fisk University di Nashville, una delle poche università aperte ai neri della città. A quel tempo era da poco terminata la guerra civile, e in alcuni stati del Nord America l’integrazione di quei neri non più schiavi era guardata con una certa tolleranza dalle comunità bianche, così che anche quella strana musica che aveva origini così lontane venne accettata.
Con il passare del tempo i canti della tradizione nera divennero popolari divenendo in qualche modo il simbolo della libertà appena conquistata, e dal punto di vista musicale essi si adeguarono alle forme prestabilite della musica occidentale accostando alle voci alcuni strumenti e rielaborando le armonizzazioni, creando nuovi generi come il Blues ed il Rag Time. 

Roma, 14 giugno 2008

 

 

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