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di Marina Pinto
Durante il XVII secolo nella corte di Luigi XIV, il re Sole, a Parigi, la musica trova l’ambiente più adatto per esprimere con artifici meravigliosi ciò che di magico ha in sé, occasioni come feste, opere e balli sono l’ideale per meravigliare, persuadere, commuovere.
Il re Sole ama circondarsi di lusso e sfarzo incredibili, nella reggia di Versailles la musica, il teatro, l’opera e soprattutto la danza sono i divertimenti preferiti dal re e dalla sua corte: gavotte, passepied, bourrèe, gighe, sarabande, minuetti… la danza piace e diverte, le impeccabili figurazioni e la grazia dei movimenti sono perfetti nell’ambiente dorato e lussuoso della corte francese.
Madame de Savignè, dama di corte del re ed acuta osservatrice della vita della reggia più famosa della storia, scrive così:
“A Versailles tutto è grande, tutto è magnifico, e la musica e la danza hanno una loro perfezione”.
Ed ancora Voltaire, il noto filosofo e scrittore francese, descrive la figura del re e la sua abilità nella danza:
“Abile danzatore, il re faceva un’eccellente figura nelle danze più gravi che convenivano alla maestà del suo aspetto e che non offendevano quella del suo grado. Luigi XIV superava tutti i suoi cortigiani per la sontuosità del portamento e per la maestosa bellezza dei lineamenti”.
Alla corte di Francia tutto è sottoposto all’approvazione del re, la musica encomiastica e rappresentativa domina ogni attività e le pratiche musicali richiedono una perfetta organizzazione, cosicché la musica del re (musique du Roy) è divisa in tre corpi musicali: la “Camera”, che prevede la grande orchestra con 24 violini, il più prestigioso complesso strumentale della Corte (e soprattutto la prima orchestra stabile della storia) che aveva il compito di accompagnare festività, cerimonie importanti, o particolari momenti della giornata del re; la “Scuderia”, composta da strumentisti che suonavano durante le cacce o le feste all’aria aperta, e la “Cappella”, con strumentisti e cantanti, che eseguiva musica sacra durante i riti religiosi.
Questo enorme apparato musicale rispondeva ad un desiderio di lusso, ma non solo, e richiedeva la presenza a corte di un gran numero di musicisti e compositori; fra i più celebri che operarono alla corte del re Sole ricordiamo Francoise Couperin e Marc-Antoine Charpentier. In particolare Couperin si ispira al mondo galante e allo stile della corte con le sue danze, i suoi personaggi e i suoi caratteri, per porre nella sua musica sonorità raffinate e preziose, quali sono presenti nei suoi quattro libri di Pezzi per clavicembalo.
La musica italiana fa il suo ingresso in questo ambiente nel 1645. Intorno al 1660, in occasione delle famose “feste teatrali” che si tenevano a Versailles, vennero eseguite a corte alcune opere italiane, come “La finta pazza” di Francesco Sacrati, e, in occasione delle nozze di Luigi XIV, si rappresentò “L’Ercole amante” del veneziano Francesco Cavalli, e tale fu la maestosità dello spettacolo che lo stesso re ne prese parte danzando all’interno della rappresentazione interpretando i ruoli di Plutone, Marte e Sole.
Le opere che venivano rappresentate in Francia non erano interamente cantate ma c’era anche una parte che veniva recitata, e inoltre, per assecondare la predilezione dei francesi per il balletto, esse erano sempre arricchite da fantasiose ed esotiche danze, ed avevano nel loro interno momenti spettacolari, come prodigiosi effetti procurati dalle macchine sceniche che, per l’invenzione di particolari congegni meccanici, permettevano l’improvviso apparire in scena di eroi e divinità e che procuravano stupore ed ammirazione da parte del pubblico.
Fra tutti i compositori che giunsero alla corte del re di Francia colui che godette di maggiore fama, del prestigio, del favore e dell’ammirazione del sovrano fu Giovanni Battista Lulli (1632-1687), un fiorentino di umili origini che giunse in Francia poco più che tredicenne, e che grazie alle sue doti non comuni di ballerino, coreografo, violinista e compositore, alla sua viva intelligenza ed al suo spirito spregiudicato ed intrigante, riuscì ad inserirsi nel mondo della corte francese e a conquistare all’interno di esso cariche sempre più prestigiose, traendone naturalmente enormi benefici. Dotato di un temperamento calcolatore e spronato da un’ambizione frenata, Lulli approfittò sistematicamente della sua posizione di privilegio nei confronti del re fino ad avere il completo monopolio dell’Opera e divenire il sovrano assoluto della musica come Luigi XIV lo era negli affari di stato.
Lulli potè avere contatti e collaborare con tutte le maggiori personalità artistiche e culturali del tempo, attratte a corte dalla politica accentratrice del sovrano, che chiedeva agli artisti di glorificare le loro opere alla sua potenza, nella sua magnificenza egli così si esprimeva: “Io vi affido la cosa più preziosa della terra, la mia fama”.
Lulli - ovvero Lully acquistata la cittadinanza francese - fu soprattutto il creatore della “tragedie-lirique”, un’opera interamente cantata, l’equivalente del melodramma italiano. L’opera che propose Lully si serviva di elementi musicali della tradizione francese, come danze, ricchezza strumentale, fasto scenografico, e della tradizione fiorentina del recitar cantando, lasciando affascinato il pubblico che accolse trionfalmente le sue opere.
Tanta fu la sua bravura - e scaltrezza - che egli collaborò persino con Molière nella realizzazione di “comèdie-ballet” (spettacoli di musica, prosa e danza), per acquisirne i contenuti e poi far cacciar via dalla corte la compagnia del commediografo per fondarne una propria.
Ormai divenuto un personaggio di rilievo nel campo musicale, Lully esercitò la sua autorità anche nella musica strumentale, conferì una forma definitiva alla suite (allemanda–sarabanda–corrente–minuetto–giga), e poi introdusse innovazioni importanti nell’orchestra aggiungendo agli archi flauti ed oboi nonché trombe e timpani, ottenendo risultati di sonorità forte e compatta, caratteristica che rimarrà a lungo tipica dell’orchestra francese.
Negli ultimi anni Lully si dedicò anche alla musica sacra, quando l’avanzare dell’età rese il re devoto, e scrisse 12 mottetti per due cori a cinque voci, orchestra ed organo, e circa 15 piccoli mottetti a tre voci e basso continuo.
La musica di Lully ha un’impronta assolutamente personale, egli fu stilista incomparabile delle forme musicali, che nel suo equilibrio razionale divennero estremamente rigorose. La sua arte è la vera rappresentante della preziosa artificiosità che si determinò alla corte francese, egli portò la musica barocca ad un culmine di stilizzazione non più superato da nessuno dei suoi successori.
Roma, 26 novembre 2008
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